2014-01-13 14:48:38

La Tunisia aspetta la nuova Costituzione, a 3 anni dall'uscita di scena di Ben Ali


Ricorreva, ieri, in Tunisia il terzo anniversario della rivolta che, di fatto, portò all’uscita dalla scena politica di Zine El-Abidine Ben Ali: il 14 gennaio 2011, infatti, sotto la pressione popolare e in un clima di violenza generale, il presidente abbandonò il Paese e riparò all’estero. La Tunisia vive ora un momento politico e sociale cruciale. Al premier Ali Laarayedh, esponente del partito islamico Ennahda, è succeduto nei giorni scorsi un incarico tecnico a Medhi Jomaa, con il compito di traghettare il Paese alle elezioni, previste entro fine anno. L’Assemblea costituente - eletta a ottobre 2011 - si era data come obiettivo l’approvazione dei 10 capitoli della nuova Costituzione entro ieri. Ma un clima politico avvelenato, l’ascesa di gruppi jihadisti armati e un conflitto sociale ancora in atto hanno rallentato i lavori. Giada Aquilino ne ha parlato con Marcella Emiliani, giornalista e scrittrice che ha seguito l’evolversi della "primavera araba": RealAudioMP3

R. - C’è al momento l’incapacità politica di Ennahda – il partito che ha vinto le elezioni nel 2011 – di dar risposte ai due più grossi problemi del Paese: il problema economico e quello della sicurezza. In questi tre anni la sicurezza per i cittadini tunisini è diminuita di giorno in giorno, perché Ennahda si è trovata ad essere sotto il fuoco di fila sia dell’opposizione laica – o di sinistra – sia dei salafiti. Quella salafita è una formazione che è stata ormai accusata non solo dell’assalto due anni fa al consolato americano ma, soprattutto per quanto riguarda la situazione interna, ai salafiti sono stati imputati i due assassini politici che hanno avvelenato ancor più il clima della Tunisia: quelli dei due esponenti dell’opposizione - Chokri Belaid nel febbraio e Mohamed Brahimi nel luglio del 2013 - che si opponevano maggiormente ad una deriva islamista nel Paese. Il tutto favorisce chiaramente chi è interessato a seminare il caos in Tunisia. Per cui la situazione è grave, ma finché la crisi economica rimarrà irrisolta la gioventù sarà sempre più tentata di ascoltare le sirene degli agitatori.

D. – Al momento, all’Assemblea Costituente è saltata l’approvazione di due articoli: uno che prevede che il premier definisca la politica generale dello Stato e ne garantisca l’attuazione; l’altro relativo ai requisiti per la carica di presidente. In particolare si dice che la candidatura “è un diritto per ogni elettore ed elettrice tunisino di nascita, la cui religione è l’Islam”, con un’età compresa tra i 40 ed i 75 anni…

R. – Qui si deve decidere se la presidenza sarà una presidenza esecutiva, oppure no cioè una presidenza all’americana o all’italiana, per fare un esempio. Le opposizioni non vogliono che si concentri troppo potere in una carica sola, venendo da esperienze di due dittature, quella di Burguiba e quella di Ben Ali. Secondariamente, l’obiezione dell’opposizione è che in questo momento - nonostante il calo di popolarità - sono le formazioni di tipo islamico ad avere ancora una maggioranza di consensi, per cui si vuole anche evitare che facciano l’en plein di cariche sia a livello di presidenza della repubblica, sia a livello di premierato.

D. – Nei giorni scorsi, invece, è stato approvato l’articolo che introduce il principio della parità tra uomini e donne nelle cariche elettive politiche ed amministrative. Che segnale è?

R. – E’ un segnale molto buono. Va detto che la Tunisia, in virtù della sua primissima Costituzione, aveva già stabilito questa parità, ma non la parità assoluta. Diciamo che nel mondo arabo questo è un segnale fortissimo. Però il punto fondamentale rimane questo: quanto e come l’Islam debba essere la radice del diritto. È su quello che c’è lo scontro più profondo. La cosa interessante del caso tunisino è che non essendoci un esercito potente come quello che c’è in Egitto - che ha dimissionato il presidente eletto Morsi – chi si fa carico della mediazione politica tra l’opposizione laica e l’universo islamista è la centrale sindacale – l’Unione Generale dei Lavoratori Tunisini – che è quella che ha dato il via alla "Primavera dei gelsomini", che tutt’oggi gioca un ruolo politico molto importante.

Ultimo aggiornamento: 15 gennaio







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