Mons. Tomasi: aspettando “Ginevra 2”, la Santa Sede rafforza l’impegno per la pace
in Siria
Nel messaggio per il nuovo anno Papa Francesco ha ricordato che il mondo ha, sì, la
"vocazione a formare una comunità composta da fratelli", ma questa è contrastata e
smentita da una “globalizzazione dell’indifferenza". Mons. Silvano Maria Tomasi,
Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, partendo
dal tema della fraternità, si sofferma sulla guerra in Siria e gli impegni della nunziatura
per il 2014. Gabriele Beltrami lo ha intervistato:
R. - Oggi il
pluralismo di culture, stili di vita, sistemi politici è più visibile. I mezzi di
comunicazione portano anche nelle case di regioni remote l'evidenza dei modi diversi
di vivere e l'aumento della pluralità umana ha portato anche in società culturalmente
compatte la presenza di persone che non sono solo braccia lavoro, ma portatrici di
religioni e tradizioni molto tipiche e molto distinte. Riaffermare che siamo una sola
famiglia di Dio, che siamo fratelli diventa non solo un dovere di annunciare il messaggio
del Vangelo, ma anche una necessità pratica per convivere in pace. La fraternità vissuta
diventa condizione di pace e quindi di sviluppo e quindi di inclusione di tutti nei
benefici e nei doveri che creano società sane e costruttive. L'intuizione di Papa
Francesco di dare priorità alla fraternità - nel suo primo messaggio della Giornata
mondiale della Pace - coglie nel segno: è il rimedio alla frammentazione sociale,
agli egoismi e alle guerre in corso, che solo creano ingiustizia e sofferenza.
D.
- Come parlare di fraternità in un contesto come quello delle Nazioni Unite?
R.
- Alle Nazioni Unite e negli organismi intergovernativi internazionali la voce della
Santa Sede ribadisce il valore della solidarietà che viene appunto dal fatto che ogni
persona ha pari dignità e merita rispetto e aiuto. Perciò nella programmazione e formulazione
di nuovi accordi, per esempio per un commercio equo o per la protezione di persone
con handicap come gli ipovedenti, due nuovi accordi raggiunti in quest'anno che si
è da poco concluso, la missione della Santa Sede a Ginevra si è attivata per sostenere
delle conclusioni operative che beneficiano oggi milioni di persone.
D. - La
conferenza sulla Siria del 22 gennaio si avvicina: quali sono le prospettive sul tavolo?
R. - La ricerca di pace nel Medio Oriente è un impegno di lunga data della
comunità internazionale. La guerra in corso in Siria e l'esplosione di conflitti in
Iraq e altrove obbligano a raddoppiare gli sforzi per mettere fine alla violenza e
alle sofferenze di milioni di persone. La situazione è resa complessa dal sovrapporsi
di interessi strategici per grandi Paesi, come la Russia e gli Stati Uniti; dal sovrapporti
di competizione per una leadership politico-religiosa tra Iran e Arabia Saudita o
tra sciiti e sunniti; e dal sovrapporsi, in questo già complesso panorama, dell'esigenza
di semplice sopravvivenza per i cristiani della regione. Il primo e urgente passo
da fare è di fermare la violenza e la distruzione in corso. Il Santo Padre Francesco
ha fatto sentire chiara la sua voce per una giusta pace nel Medio Oriente e tra poco
vi andrà di persona. Sul suo esempio, la Pontificia Accademia delle Scienze ha convocato
un incontro di esperti e personalità religiose per riflettere e trovare delle raccomandazioni
operative da offrire alla Conferenza delle Nazioni Unite che si dovrebbe tenere il
prossimo 22 gennaio a Ginevra da parte di tutte le forze politiche coinvolte nel conflitto
siriano.
D. - Ci sono iniziative specifiche che la Nunziatura ha messo in agenda
a margine dell'incontro?
R. - Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese organizza
in questi giorni - il 16 e 17 gennaio - un incontro di leader religiosi cristiani
e musulmani per dare sostegno ai politici e per testimoniare l'urgenza della pace
e mettere fine all'esodo forzato di milioni ormai di donne, uomini e bambini e all'eccidio
di tante persone civili. La missione della Santa Sede a Ginevra è intervenuta sulla
questione della Siria e continua a farlo proponendo il rispetto dell'uguaglianza di
ogni cittadino con tutti i suoi diritti umani davanti allo Stato. Non è l'etnia o
la religione a cui uno appartiene che deve dettare doveri e diritti, ma il rispetto
della persona umana anzitutto. Su questa strada della cittadinanza uguale per tutti
a lungo andare è possibile trovare pace e cooperazione in Medio Oriente.
D.
- Quali le urgenze da affrontare in questo 2014?
R. - Anche il 2014 si prospetta
un anno impegnativo sia per il lavoro regolare del Consiglio dei Diritti Umani e della
Conferenza del Disarmo, sia per le esigenze umanitarie che i conflitti in corso in
Africa e nel Medio Oriente stanno facendo emergere, per esempio le nuove ondate di
rifugiati nella Repubblica Centrafricana e nel Sud Sudan. La presenza della Santa
Sede è un po' la voce della coscienza. Prioritaria rimane la ricerca della pace, senza
la quale non si può avere sviluppo economico e una vita normale e costruttiva. Altre
preoccupazioni su cui siamo impegnati sono la libertà religiosa oggi, l'impiego dei
giovani, la protezione dei bambini, il traffico di persone e le migrazioni. Partecipare
in questo processo, come stimolo alla solidarietà vera, attua la fraternità che Papa
Francesco annuncia.