Centrafrica nel caos. Allarme Unicef: rischio epidemie per i bambini
Centrafrica sempre più nel caos, con violenze diffuse nella capitale Bangui. Intanto,
l'ex presidente ad interim, Michel Djotodia, ha lasciato il Paese per il Benin, dove
intende rimanere in esilio. Dal canto suo l'Unicef denuncia che “sono presenti tutti
gli elementi per uno scoppio potenziale di epidemie per i bambini”. A Bangui è in
corso una campagna di vaccinazioni d’emergenza, con l’obiettivo di raggiungere oltre
210 mila bambini sfollati a rischio. Vincenzo Vinci, dell'Unicef, racconta
l’iniziativa al microfono di Antonella Pilia:
R. – Sono presenti
attualmente più di 900 mila sfollati, metà dei quali sono localizzati a Bangui in
65 differenti siti. Ci sono tutti gli elementi per uno scoppio potenziale e mortale
di malattie, perché i campi dove si trovano questi sfollati sono seriamente sovraffollati
e vi è un numero esiguo di persone che hanno accesso a risorse idriche e igienico-sanitarie.
In questo contesto, l’obiettivo principale dell’Unicef è quello di fornire le vaccinazioni
di morbillo e di poliomielite ai bambini dai 6 mesi ai 15 anni, proprio per evitare
epidemie e accompagnare le vaccinazioni con somministrazioni di vitamina A e di vermifughi.
Inoltre cerchiamo di approfittare di questo momento, in cui si è a contatto con i
bambini, per fare degli accertamenti sulle condizioni nutrizionali dei bambini e,
se fosse necessario, riferire questi dati ai centri di terapia intensiva.
D.
– Quali sono i rischi maggiori per i bambini?
R. – Attualmente sono stati accertati
sette casi di morbillo, tre dei quali presso l’aeroporto di Bangui, dove si trovano
circa 100 mila persone scappate dalle violenze. E’ chiaro che, al di là del pericolo
potenziale di contrarre queste malattie, i problemi si estendono anche al pericolo
di un trauma psicologico legato alle violenze degli ultimi mesi. Da questo punto di
vista, l’Unicef offre attività ricreative per i bambini per distrarli dalla cruda
realtà.
D. – Quanto durerà questa campagna di vaccinazioni?
R. – Essendo
iniziata il 3 gennaio, un paio di settimane dovrebbero bastare. Ovviamente, tutto
dipenderà dall’evoluzione della sicurezza che si presenta a Bangui e anche dal tipo
di accesso che il personale umanitario avrà sul terreno.
D. – Voi siete ottimisti
riguardo a una rapida risoluzione della crisi?
R. – Non perdiamo mai la speranza.
Siamo lì per fornire un servizio, per affiancare i bambini e le donne della Repubblica
Centrafricana e collaborare con le istituzioni che si troveranno nel Paese. Vorrei
sottolineare che in un periodo come questo, il Centrafrica deve essere nell’agenda
ma, soprattutto, nel cuore delle persone, perché è stato dimenticato e ha bisogno
anche del nostro aiuto.