Siria: attesa per la riunione dell'opposizione, in programma a Parigi
Resta sempre tesa la situazione in Siria. Negli ultimi giorni sono stati 500 i morti
negli scontri tra gruppi ribelli e miliziani qaedisti, nel Nord del Paese. In attesa
della riunione "Ginevra 2", in calendario il 22 gennaio a Montreaux, domani a Parigi
è in programma il vertice degli “Amici della Siria” per cercare di trovare una posizione
compatta all’interno dell’opposizione. In merito, Benedetta Capelli ha intervistato
Marco Pizzigallo, ordinario di Relazioni internazionali all'Università Federico
II di Napoli:
R. - È auspicabile
che vengano sciolte tutte le riserve e cadano veti incrociati. Io mi auguro una posizione
condivisa che se non altro potrà molto agevolare, sul piano diplomatico, a rendere
meno impervio e meno accidentato il cammino della conferenza "Ginevra 2", convocata
per il 22 gennaio. Quello delle opposizioni è un fronte al cui interno ci sono varie
componenti. A creare molta preoccupazione il fronte anti Assad composto da miliziani
più o meno, direttamente o indirettamente, collegati a gruppi che fanno capo al radicalismo
militante e che, quindi, sono su posizioni estreme.
D. – L’incognita per "Ginevra
2" invece è rappresentata sempre dalla posizione iraniana, mentre la Russia negli
ultimi giorni ha ribadito il suo forte sostegno ad Assad…
R. – Sì. Il punto
qui è cruciale: la Russia e l’Iran che fanno parte del "problema siriano", devono
anche far parte della soluzione. Dobbiamo lasciare campo alla diplomazia, quindi fare
sì che la riunione sia il massimo della rappresentatività possibile. Si deve trovare
una road map nella quale prima di tutto imporre il cessate-il-fuoco a tutte
le parti, quindi liberare il popolo siriano; in secondo luogo porre le basi per una
transizione al dopo regime che deve essere guidata dalla Comunità internazionale.
D.
– Riguardo ad Assad, negli ultimi tempi, a livello di terreno, la sua posizione si
è rafforzata…
R. – Perché Assad ha potuto contare sull’appoggio risolutivo
e determinante delle milizie armate Hezbollah che provenivano dal Libano. Da un lato
abbiamo quel che resta delle truppe siriane leali al regime di Assad – e che sono
prevalentemente di confessione alawita – queste sono aiutate dalle milizie Hezbollah
anch’esse di ispirazione sciita. Questa alleanza ha fatto registrare sul campo dei
passi avanti. Dall’altro lato, ripeto, abbiamo un fronte abbastanza composito delle
opposizioni.
D. – Il Nord del Paese è sconvolto da questa battaglia tra gruppi
ribelli e miliziani qaedisti. C’è anche – secondo molti osservatori – il rischio di
balcanizzazione della Siria…
R. – Il rischio è reale. Le milizie comunque –
direttamente o indirettamente collegate alla galassia qaedista – sono molto
attive anche in altri Paesi dello scacchiere mediorientale, basta pensare all’Iraq
o all’onda d’urto che potrebbe colpire il Libano. Il pericolo è reale, ma l’antidoto
non può essere la radicalizzazione delle posizioni o la speranza che da Ginevra esca
una soluzione che vada bene solo ad uno degli attori. Tutti gli attori interni o esterni
alla crisi siriana – ma non estranei ad essa – devono fermarsi ed evitare di proseguire
su questa strada e cercare, a tutti i costi, di imboccare la via della soluzione diplomatica.