2014-01-11 09:24:13

Il dramma di Haiti a quattro anni dal terremoto: i bambini ancora prime vittime


A quattro anni dal terremoto Haiti resta un cumulo di macerie. Decine di migliaia di persone vivono ancora in tende o baracche, mentre la malnutrizione colpisce la maggior parte dei bambini; uno su due non ce la fa a superare i tre anni di vita. Una situazione drammatica, dunque, quella che vive l’isola caraibica, dove i fondi raccolti dalla comunità internazionale all’indomani del sisma sono spesso scomparsi o addirittura non sono mai stati stanziati. Nonostante le mille difficoltà, però, ogni anno giungono ad Haiti centinaia di volontari, pronti a sostenere in tutte le attività la popolazione locale. La Fondazione Francesca Rava è una delle Onlus che recluta volontari; persone che hanno, però, bisogno di essere supportati a gestire l’emergenza, perché inconsapevoli del dramma che vivranno in prima persona. Aiutare loro a comprendere quanto sta accadendo è uno dei compiti di Roselìne, giovane haitiana referente della Fondazione Rava sull’isola. Salvatore Sabatino l’ha intervistata:RealAudioMP3

R. – Qui, la situazione è molto difficile. Quando arrivano qui persone che vengono dall’Europa, mostro loro le realtà degli slum, mostro loro come vivono gli haitiani, in modo che possano comprendere la situazione drammatica della popolazione. Quando sono qui, riescono a capire cosa significa quando diciamo che “una persona sta morendo di acqua, di fame”: toccano con mano la situazione e capiscono molto bene.

D. – Qual è la cosa più difficile da far capire a chi arriva ad Haiti?

R. – La cosa più difficile da far capire è il fatto che muoiono i bambini. Ad Haiti, muore un bambino su due, ogni giorno. La cosa ancora più difficile da far comprendere è che una persona su tre non ha da bere e non ha cibo. Per una persona che non è del posto, è molto difficile comprendere tutto questo.

D. – Sono trascorsi quattro anni dal terremoto del 2010. Che tipo di emergenza vive oggi Haiti?

R. – Haiti è sempre stato un Paese dell’emergenza, e oggi, a quattro anni dal terremoto, restano ancora molti problemi da risolvere, in particolare per quanto riguarda la ricostruzione. C’è poca sicurezza e tanta violenza, soprattutto in uno slum, che è il maggiore, dove ogni tanto scoppiano guerre tra bande rivali. Tutto questo accade perché la gente ha fame, perché non hanno nulla da fare, non hanno un lavoro e per questo aumenta l’aggressività. Del denaro di cui si dice che sia arrivato ad Haiti, si sono perse le tracce, e il popolo vive in una situazione ancora precaria.

D. – In questo momento, con tutte le difficoltà che ci sono in quello che da molti viene descritto come un inferno, c’è comunque la speranza per un futuro migliore, o c’è più rassegnazione e rabbia, in questo momento?

R. – Il popolo haitiano è un popolo che vive di speranza e quindi spera sempre che il domani sia migliore. Noi lo speriamo, perché non si può rimanere in questa situazione e pensare che verrà il peggio: si deve sempre pensare in positivo; anche se non accade, bisogna però pensarlo. Però, noi siamo così, siamo fatti così: pensiamo positivo, pensiamo che il domani sarà migliore!







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