Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella Festa del Battesimo del Signore, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù
viene battezzato da Giovanni nel Giordano. Uscito dall’acqua, una voce dal cielo dice:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Sul
significato di questa Festa ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti,
prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
A Natale abbiamo
contemplato l’Emanuele, il Dio che si è fatto uomo per stare con noi. Oggi lo vediamo
al fiume Giordano che viene battezzato da Giovanni Battista. Un battesimo che non
gli toglie nessuna colpa, perché è l’Agnello senza macchia, ma che lo consacra con
la missione che il Padre gli affida: Colui che non ha conosciuto peccato, Dio lo fa
peccato in nostro favore, perché in Lui possiamo diventare giustizia di Dio (cf 2
Cor 5,21). Ed ecco si aprono i Cieli – quel Cielo che l’uomo avevo chiuso col peccato
– e dai Cieli aperti scende su Cristo la pienezza della Presenza divina, lo Spirito
Santo. Il compiacimento di Dio torna a mettere la sua dimora tra i figli dell’uomo.
In questo scenario del Giordano, che aveva visto il primo esodo, quando Israele uscì
dall’Egitto ed entrò nella Terra Promessa, ha ora inizio un nuovo esodo, quello di
Gesù Cristo, la sua Pasqua da questo mondo al Padre. In questo esodo Gesù non è “solo”:
ci unisce a sé, si fa uno con la Sua Sposa. Ecco la meraviglia della festa che celebriamo:
oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo Sposo.
Tutti gli uomini, sono invitati al battesimo che seppellisce nell’acqua l’antico modo
di vivere, l’uomo vecchio, per dare all’uomo una vita ed uno spirito nuovo. Il battesimo
è un “dono”, poiché è dato a coloro che non hanno nulla; è grazia, perché viene elargito
anche ai colpevoli e seppellisce il peccato nell'acqua…; è illuminazione, perché è
luce sfolgorante; è veste, perché copre la nostra vergogna; è lavacro, perché ci lava;
è sigillo, perché ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio” (cf S. Gregorio
Nazianzeno, citato in CCC 1216).