2014-01-10 07:52:41

Tunisia. Governo provvisorio dopo le dimissioni del premier Ali Laarayedh


Tunisia. L’ex ministro dell’industria, Medhi Jomaa, ha ricevuto formalmente l'incarico di formare il nuovo governo tecnico. La decisione del presidente Marzouki è di ieri e giunge dopo le dimissioni programmate del primo ministro, Ali Laarayedh, con lo scopo di portare il Paese a nuove elezioni. Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

“Spero che la Tunisia possa diventare un esempio di transizione”. Così il premier Ali Larayedh nel suo discorso alla Tv nazionale dopo aver rassegnato le dimissioni. A tre anni dalla rivoluzione dei gelsomini che rovesciò il regime di Ben Alì, la Tunisia cerca di costruirsi un futuro diverso. La decisione di Larayedh giunge dopo l'accordo di metà dicembre tra maggioranza e opposizione, ora sarà un governo ad interim, presieduto da Mehdi Jomaa", ex ministro dell'Industria, a guidare il Paese verso nuove elezioni, mentre si attende il varo della nuova Costituzione previsto per il 14 gennaio prossimo. E proprio la Costituente ha introdotto il concetto della parità tra uomo e donna nelle assemblee elette. Lunedì scorso era già stato approvato un articolo che introduceva, per la prima volta nel Paese, l'uguaglianza "senza alcuna discriminazione" di cittadini e cittadine di fronte alla legge. Decisioni frutto di compromesso tra gli islamici di Ennahda, finora al governo e l'opposizione laica. In questo contesto però i conflitti sociali e gli scontri di piazza continuano ad infiammare la Tunisia: a Kasserine, manifestanti si sono scagliati contro le forze dell'ordine, per protestare contro le politiche economiche e sociali adottate dall’esecutivo. E rimane ancora vivo l’orrore dell’assassinio a metà febbraio dell'oppositore laico Chokri Belaid, attribuito alla corrente jihadista e quello di Mohamed Brahmi, ex segretario generale del Movimento del Popolo e deputato dell'Assemblea costituente, ucciso presso la sua abitazione il 25 luglio scorso.

Della situazione tunisina abbiamo parlato con il prof. Roberto Aliboni, consigliere scientifico dell'Istituto Affari Internazionali ed esperto di rapporti tra Paesi mediorientali ed Europa:RealAudioMP3

R. – Credo che nel caso della Tunisia si arriverà ad uno sbocco positivo, al contrario di quello che sta accadendo in altri Paesi arabi e mediterranei. Il processo che ha portato all’accordo per le dimissioni di questo governo e lo stabilimento di un governo di coalizione fra Hennada e i partiti cosiddetti “laici”, è stato molto tormentato, lungo e incerto; però, ha avuto un esito positivo.

D. – Di fatto si continua a lavorare alla Costituzione: una serie di articoli che sono stati introdotti affermano la parità tra uomo e donna …

R. – Veramente, bisogna dire che la Tunisia ha incorporato, ha introiettato una tradizione nazionale che è sostanzialmente diversa da quella di tutti i Paesi arabi, compreso il Marocco, compresa l’Algeria …

D. – Rimane comunque in vigore la pena di morte …

R. – Certamente, non è positivo che sia rimasta la pena di morte, ma credo che allo stato dei fatti sia per ora importante che questa Costituzione nasca con dei passi avanti significativi e un avvicinamento agli standard internazionali, che è del tutto apprezzabile. Ci sarà tempo per i tunisini, se la transizione di cui parlava il primo ministro avrà luogo, per migliorare.

D. – Adesso il nuovo esecutivo di transizione guiderà il Paese verso nuove elezioni. Però, rimangono le proteste di piazza: insomma, la Tunisia ha una serie di questioni ancora da risolvere …

R. – Sì, c’è una situazione economica e sociale molto difficile, che Hennada non ha affrontato. Però, a mio avviso, è qui che è mancata una vera e propria cooperazione internazionale: bisognava scommettere sulla Tunisia e provvedere molti più aiuti di quelli che sono stati forniti. Secondo me, è abbastanza straordinario che il dibattito politico nel mezzo di queste condizioni sociali ed economiche che sappiamo, sia riuscito a trovare una soluzione.

D. – Quindi potremmo dire che questo è anche il momento in cui la comunità internazionale deve aiutare o quanto meno affiancarsi alla Tunisia?

R. – Secondo me, sì. Tutti si occupano dell’Egitto e della Siria; della Tunisia se n’è occupata un po’ la Francia, ma gli altri non se ne sono molto occupati. E l’Italia, secondo me, è chiamata ad un ruolo attivo. Avere di fronte un Paese che è in marcia verso la modernizzazione e la democratizzazione, credo non sia da sottovalutare.







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