L'Aquila: arresti per le tangenti del post-terremoto. Cialente: non possono esserci
ombre
Sono quattro le persone arrestate mercoledì mattina a seguito dello scandalo sulla
ricostruzione post-terremoto che ha investito L’Aquila. Si tratta di due politici,
la collaboratrice di uno di loro e un imprenditore. Quattro gli indagati, il vicesindaco
della città, subito dimessosi, un dirigente del comune, un tecnico e un imprenditore.
L’operazione denominata ‘ Do ut des’, condotta dalla squadra mobile aquilana, è partita
dai lavori per la messa in sicurezza di Palazzo Carli, ex sede del rettorato, per
un valore di circa cinque milioni di euro. Le indagini hanno portato alla luce una
serie di attività illecite a danno della collettività. I reati contestati sono millantato
credito, corruzione, falsità materiale ed ideologica, appropriazione indebita. Mi
sento tradito, è stato il commento di Massimo Cialente, sindaco de L’Aquila,
intervistato da Francesca Sabatinelli: R. – C'è amarezza,
forse anche dolore: mi sento tradito perché, sin dai primi giorni, io ho sempre detto
a tutti che noi abbiamo addosso gli occhi del Paese, dell’Europa, del mondo, anche
perché spesso in situazioni come la nostra ci sono state opacità, zone d’ombra, per
questo ho sempre raccomandato questo. Anche perché – e questa è la riflessione sulla
conseguenza politica vera e drammatica di quello che è successo questa mattina presto
– l’ombra pesante di questa vicenda indebolisce l’immagine di una città che in questo
momento ha avviato la ricostruzione e non ha più i fondi per portarla avanti, che
ha uno scontro politico con il governo italiano, con l’Europa per il problema del
Patto di stabilità, scontro con il quale chiede soldi, ecco che quindi si indebolisce
la forza per poter portare avanti certe battaglie. Tutto ciò poi è ingiusto nei confronti
di una città che sta soffrendo terribilmente da questo sisma.
D. – Lei teme
conseguenze sulla ricostruzione?
R. – La mia preoccupazione, il mio dolore
nascono proprio dall’immagine che esce dopo 1.500 giorni di sacrifici che io non le
sto a dire. Dopo 1.500 giorni scoprire che, persone alle quali io ho dato fiducia
riponendola soprattutto nelle loro capacità tecniche – perché l’assessore che adesso
è agli arresti domiciliari, che era della mia precedente amministrazione, era un assessore
tecnico, puro e io spero dimostri la sua innocenza, ma altrimenti … – ecco, sarebbe
terribile scoprire che una persona alla quale mi sono rivolto proprio in quanto tecnico
potrebbe aver tradito la mia fiducia!
D. – Una delle persone indagate è il
suo vice, il vice sindaco Roberto Riga, che ha già rassegnato le proprie dimissioni
…
R. – Lui ha ricevuto un avviso di garanzia. E’ venuto da me e ha detto: mi
dimetto, perché mi sembra giusto che io mi dimetta, perché nulla possa inficiare l’immagine
della città e la ricostruzione dell’Aquila. Ma le dirò di più: il dirigente, anch’egli
raggiunto da una comunicazione giudiziaria, e il cui incarico avrei dovuto rinnovare
perché la sua è una nomina annuale, mi ha detto: “Sindaco, ti chiedo di non rinnovarmi
l’incarico di dirigente. Prima voglio dimostrare la mia assoluta estraneità”. In effetti,
per come mi racconta lui, non ha responsabilità diretta, diciamo che sarebbe coinvolto
in quanto ultimo firmatario dei documenti. Ha detto, quindi: “Non voglio che sia rinnovato
il mio incarico perché in questo momento non ci dev’essere nessun’ombra sul comune”.
Questo però lo dico per ribadirle la preoccupazione politica, che è di tutti, è un
danno di immagine.
D. – Lei diceva: “L’Aquila è una città sotto gli occhi di
tutta Italia e di tutto il mondo”. Quindi, agli italiani che cosa bisogna dire, in
questo momento?
R. – Posso dire che sappiamo che esiste l’errore umano. Sistemi
complessi come il Comune devono creare un’organizzazione per evitare che ciò avvenga.
Noi abbiamo fatto di tutto: siamo il primo comune che ha fatto il regolamento anti-corruzione;
stiamo dividendo adesso le centrali di committenza da tutto ciò che sono gli uffici
che hanno contatti con le imprese; abbiamo cercato di fare delle regole, ma tutto
questo ha un senso se nessuno vuole sbagliare. Rispetto, poi, all’ipotesi di un dolo
le dico che se qualcuno vuole agire in modo sbagliato non posso fare niente. Quindi,
agli italiani io posso dire: noi ce la stiamo mettendo tutta, cerchiamo di controllare
tutti. Come ha detto lo stesso capo della Mobile: non è un problema del Comune dell’Aquila;
sono comportamenti nell’ambito di un sistema che si è creato … E io non so cos’altro
fare! Mi sento un po’ impotente. Credevamo, e crediamo comunque, di aver creato un
setaccio molto fitto, il problema è che chi ha intenzione di condurre operazioni non
trasparenti può riuscire a farlo. Io ho la cognizione chiara che questo sia, in questo
momento, uno dei pochi posti d’Italia in cui c’è lavoro, girano soldi, è chiaro che
l’attenzione dev’essere estrema. Comunque, ho molta fiducia nella magistratura. L’unica
cosa che chiedo disperatamente ai magistrati è di andare avanti molto velocemente,
e di fare luce su tutto e su chiunque abbia un ruolo in questa città: dalle figure
di classi dirigenti più alte, fino all’ultimo dei commessi delle istituzioni pubbliche.