La sfida di Francesco: accostare e comprendere, non ribadire principi astratti
"Il Papa vuol dirci
che oggi il mondo sta cambiando, le sfide sono grandi e il Vangelo è chiamato a confrontarsi
con queste sfide perché deve essere annunciato ad ogni uomo. Quindi la sfida educativa
resta fondamentale per i cristiani di oggi per annunciare il Vangelo in modo significativo,
in modo che la gente possa comprenderlo e viverlo". P. Antonio Spadaro sj,
direttore de La Civiltà Cattolica, commenta la conversazione di Papa Francesco
con i Superiori degli ordini religiosi, avvenuta il 29 novembre scorso e riassunta
poi dalla stessa rivista dei gesuiti. Nel suo discorso il Papa insiste sul 'compito
educativo' come una 'missione chiave' e si concentra sulla sfida di annunciare Cristo
a 'una generazione che cambia'. 'E' anche un problema di linguaggio', spiega Spadaro.
'La grande tradizione della Chiesa, la sua grande sapienza, va oggi declinata con
una forma che possa essere recepita dall'uomo ed entrare nella sua vita. Comunicare
un messaggio che fa appello solo a dei grandi principi rischia di non coinvolgere
l'uomo con tutte le sue problematiche'. 'L'esempio fatto dal Papa in questa conversazione
con i rappresentanti dell'Usgi, della bambina che è 'triste' perché la 'fidanzata
della madre' non le vuole bene, ci mostra una di quelle situazioni complesse che pongono
nuove sfide agli educatori, a coloro che debbono annunciare il Vangelo. E' il passaggio
che ha portato alcuni mezzi di stampa a parlare erroneamente di un'apertura del Papa
alle 'coppie gay'. "Il Papa ha indicato una sfida molto grande e in questi casi
c'è sempre il rischio del fraintendimento, serve cautela", spiega Spadaro. "Francesco
in questo modo provoca la nostra intelligenza, non ci dà direttamente la soluzione.
Qui il suo scopo primario, come nella Evangelii Gaudium, è quello
di aprire delle questioni, di porre delle sfide, provocare un dibattito. E' uno stile
dialogico che mira a coinvolgere la coscienza dell'uomo che può anche provocare fraintendimenti.
Ma se si prova a chiudere immediatamente il discorso avviato dal Papa, dando alle
sue parole un'interpretazione rigida, sia da destra che da sinistra, si viene subito
smentiti. Il discorso deve rimanere aperto, come il cuore dell'uomo'. 'Nel suo
discorso Francesco non ha legittimato alcun atteggiamento che sia al di fuori dalla
dottrina cristiana. Ha solo ribadito che il Vangelo va declinato nelle situazioni
concrete della vita delle persone. Ci invita ad aprire gli occhi. E' proprio ciò di
cui parlava Benedetto XVI nella sua declaratio dell'11 febbraio - spiega il direttore
de La Civiltà Cattolica - alludendo a 'rapidi mutamenti' e a 'questioni di grande
rilevanza per la vita della fede'. E' una visione dinamica, complessa che può deludere
chi ha bisogno solo di pochi principi chiari, ma il Papa ci invita ad abbracciare
tutta l'umanità. Ci dice che dobbiamo fare uno sforzo di comprensione di chi ci sta
accanto perché il Vangelo sia qualcosa di significativo. Francesco ci tiene a sottolineare
che il suo messaggio d'amore riguarda tutti, nessuno escluso. Dunque non bastano gli
irrigidimenti, non basta la riproposizione di principi che toccano la mente e non
il cuore. C'è bisogno di gesti di apertura alla vita". "Le parole del Papa ci confermano
una prassi di profonda mutazione antropologica, di mutazione del modo in cui le persone
intendono sé stesse e vivono le relazioni", spiega Assunta Steccanella,
catechista e docente alla Facoltà teologica del triveneto. "Sono di grande
conforto nel percorso difficile che stiamo facendo come educatori per trovare le strade
per incontrare le persone in questi nuovi contesti. Ci aiutano a restare in cammino
con fiducia". "L'attenzione più grande che dobbiamo avere come educatori è quella
alla relazione. Dobbiamo metterci in relazione con i giovani, in ascolto delle loro
situazioni esistenziali, per riuscire ad illuminare con le parole del Vangelo anche
le cose che a noi sembrano più lontane da quello che è l'ideale cristiano o umano".
Assunta Steccanella dà anche una testimonianza concreta dei nuovi contesti familiari
che pongono sfide inedite all'evangelizzazione. "Nella mia piccola comunità, nella
diocesi di Padova, la maggioranza dei bambini battezzati lo scorso anno sono figli
di coppie che noi definiremmo, con un pessimo termine, 'irregolari'. Anche nel linguaggio
dobbiamo essere attenti a diffondere una Parola di speranza e di gioia. Anche perché
è una percentuale molto alta, probabilmente destinata a crescere visto che in molti
scelgono la convivenza pre-matrimoniale. Tutto ciò richiede una formazione che oggi
manca. E' una questione bruciante. Non si può più parlare per slogan pre-confezionati.
Non si tratta di edulcorare la realtà ma di porgere la verità in modo che le persone
affettivamente se ne sentano raggiunte. Se a un bambino proponiamo una realtà astratta,
troppo lontana dalla sua vita, lui sceglierà sempre le persone che ama piuttosto che
il tuo concetto. E così - come dice il Papa - invece di evangelizzare 'somministriamo
un vaccino contro la fede'". (a cura di Fabio Colagrande)