2014-01-07 12:31:00

Scuola “Sentinelle di Pasqua”: incontri e preghiera per aiutare altri giovani


Era l’estate del 2000, quando dal palco della Gmg di Roma, Giovanni Paolo II, esortò i giovani a essere “sentinelle” e testimoni di fede tra i propri coetanei. Sulla scia di quello storico appello nacque, a Firenze, la scuola di evangelizzazione delle “Sentinelle del Mattino di Pasqua”. Cecilia Sabelli ha intervistato il fondatore don Gianni Castorani, che prepara i giovani a portare la Parola di Dio tra i loro coetanei, incontrandoli in strada o invitandoli a dialogare in "chiese di fortuna", anche fino a tarda notte:RealAudioMP3

R. - Questa "scuola" nasce da quella fondata da Daniel Ange, in Francia, che si chiama Jeunesse Lumière. In Italia, invece, ha preso il nome di “Sentinelle del Mattino di Pasqua”. In questa scuola i giovani dai 18 ai 30 anni dedicano un anno della loro vita all’evangelizzazione di altri giovani. Qual è, infatti, il migliore strumento per evangelizzare i giovani oggi? Un altro giovane. Il Concilio, Giovanni Paolo II, e molti altri, hanno sempre insistito su questa dimensione importante. Nella scuola vengono offerti corsi di formazione; c’è una vita comunitaria, in cui questi giovani fanno delle promesse, una vita di preghiera e poi questi periodi dedicati all’evangelizzazione alternati a momenti di contemplazione e missione; un po’ come Caterina da Siena che chiamava questa “bella brigata” con cui andava per le strade, per le piazze della Toscana, e della Francia.

D. - Quanti sono i ragazzi che si uniscono a questa “brigata”, e che accettano di farsi guidare da altri ragazzi?

R. - Ad esempio a Santa Croce, a Firenze, facciamo l’evangelizzazione di strada una volta al mese; ogni volta arrivano circa 400 giovani accompagnati da missionari. A Riccione, invece, nell’evangelizzazione che abbiamo fatto in questi anni c’erano cento missionari dalle 10 di sera fino alle 2 di notte e potevano arrivare anche mille giovani in una serata sola, mentre circa 12 sacerdoti confessavano ininterrottamente.

D. - Il termine “sentinella” usato da Giovanni Paolo II, fa pensare anche a una guardia, a un bisogno di protezione dei giovani…

R. - Mi trovavo sul palco di Tor Vergata quando il Papa pronunciò quella parola che mi colpì profondamente. Il nome “sentinella” viene dal profeta Ezechiele. Nella Bibbia la sentinella è il profeta: colui che vede sempre quali sono le difficoltà e i rischi di ogni epoca e interviene, legge la storia e nello stesso tempo dona la Parola di Dio. Per quanto ci riguarda il nostro essere sentinelle significa andare verso i giovani che sono addormentati, immersi in una vita lontana da questo amore di Dio. Questi giovani attraversano una vita di sesso, successo, alcol… Hanno tutto quello che cercano, ma alla fine si trovano soli. Nell’evangelizzazione di strada, quando mi metto ad ascoltare o a confessare questi ragazzi, la loro solitudine è la cosa che mi colpisce di più.

D. - Ma come si fa nei giovani di cui stiamo parlando – per usare un’espressione di Daniel Ange - a “provocare la sete di Dio”?

R. - Penso che, come ci dice Papa Francesco, sia necessario uscire dalle nostre chiese, dalla nostre parrocchie; una “Chiesa in uscita”, come ha scritto nell’ultimo documento, Evangelii Gaudium. Penso che Papa Francesco dia una bellissima testimonianza; anche nelle udienze, offre una breve catechesi e poi sta un’ora in mezzo alle persone. Penso che questa sia una chiave molto importante per noi: l’esserci. C’è un grande deserto e quando tu sei in mezzo a questi giovani, automaticamente nasce in loro questa sete. E poi un modo per suscitare questa sete è attraverso l’esperienza che noi chiamiamo “la luce nella notte”: la chiesa aperta di notte in cui c’è l’Adorazione, la possibilità di confessarsi. È una provocazione, è un risvegliare in loro quel desiderio di Dio che c’è in ogni cuore. Come diceva sant’Agostino: “Il mio cuore, Dio, non ha pace finché non riposa in te”.







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