2014-01-07 18:52:47

Roma: un cineforum parrocchiale "sulle orme di Papa Francesco"


“Dieci film sulle orme di Papa Francesco”: questo il titolo della rassegna cinematografica proposta dalla parrocchia romana dei Santi Marcellina e Pietro al Laterano. Inaugurata sabato scorso con la proiezione del film “Cammina, cammina” di Ermanno Olmi, l'iniziativa andrà avanti ogni quindici giorni fino a maggio. Il prossimo appuntamento il 17 gennaio alle 20.15 con la “La strada” di Federico Fellini. Curatore della rassegna è Alberto Di Giglio, docente di cinema sacro e religioso, che racconta la peculiarità della rassegna al microfono di Antonella Pilia:RealAudioMP3

R. - Raccogliere le sollecitazioni provvidenziali di Papa Francesco, emerse dalla straordinaria intervista rilasciata alla rivista “La Civiltà Cattolica” a padre Antonio Spadaro. In questa occasione non soltanto rivela le sue letture e gli autori preferiti, ma anche le preferenze cinematografiche: alcune che già si conoscevano, come “Il pranzo di Babette”, e anche altri film molto particolari come “La strada” di Federico Fellini e “Roma città aperta”. Questo cineforum però non si basa semplicemente sulle preferenze cinematografiche tout court di Papa Francesco, ma sulle tantissime esortazioni e sollecitazioni pastorali che sono emerse in questi mesi: questo ricorrente richiamo alla testimonianza, alla preghiera, alla misericordia, alla tenerezza e soprattutto a quell’uscire e andare fino alle periferie esistenziali, che non è solo un camminare fisico ma è proprio fare un cammino interiore.

D. - Può fare qualche esempio dei film che fanno parte di questo itinerario?

R. - “Terraferma”, che sembra veramente anticipare in una maniera profetica il grido del Papa a Lampedusa: “Cosa ne è di tuo fratello?”. Ecco cosa significa quando il cinema si fa carico delle istanze umanitarie. Ma ancora altri film importanti come “Elephant Man” e “Miracolo a Le Havre”, che è un film tenero, forte, attuale, perché parla di misericordia, di speranza e di miracoli. E’ molto bella un’espressione del regista di “Miracolo a Le Havre”: “L’unica cosa che noi abbiamo sono gli altri”. Tutto questo si coniuga anche con questo continuo richiamo alla fraternità e quindi a non fare distinzioni, ma ad accogliere l’altro. Il cinema è capace di questo miracolo! E poi c’è un film che sicuramente sarà una sorta di meditazione, un viaggio dello spirito, della mente e del cuore: “Così vicino, così lontano” di Wim Wenders, sul bene e sul male, sul libero arbitrio, l’amore per il prossimo, la natura e la missione degli angeli. Sono tappe che si susseguono una dopo l’altra: da “Cammina, cammina” a “La strada”, “Terra Ferma”, “L’isola”, “Così vicino così lontano”, “12” di Nikita Mikhalkov; e poi ancora “La tigre e la neve”, “Elephant man”, “Miracolo a Le Havre” e “Il pranzo di Babette”.

D. - Quindi il cinema come strumento per approfondire la riflessione sull’uomo di oggi?

R. - Assolutamente sì, perché cerchiamo di distanziarci un po’ dai cosiddetti cinepanettoni, dal cinema inteso come puro svago, che serve per ridere e dimenticare. Noi proponiamo un cinema che veramente metta l’uomo al centro, in una condizione di guardare oltre, di alzare cioè lo sguardo, di riflettere. E’ un cinema che fa pensare, che ci aiuta a capire meglio chi siamo ed è quindi qualcosa di provvidenziale.

D. - Secondo lei, la proposta di film che facciano riflettere oggi è ancora attraente per i giovani?

R. - Dobbiamo riconoscere che si fa tanta fatica, perché riuscire a investire due ore del proprio tempo in una sala cinematografica per molti giovani è veramente un’impresa. Ma quello che cerchiamo di fare con la nostra proposta è proprio dare loro la possibilità di farlo! Certamente è un cammino lento, e quindi graduale. Non è facile riconsegnare alla generazione del nostro tempo questi tesori del passato.







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