Roma: un cineforum parrocchiale "sulle orme di Papa Francesco"
“Dieci film sulle orme di Papa Francesco”: questo il titolo della rassegna cinematografica
proposta dalla parrocchia romana dei Santi Marcellina e Pietro al Laterano. Inaugurata
sabato scorso con la proiezione del film “Cammina, cammina” di Ermanno Olmi, l'iniziativa
andrà avanti ogni quindici giorni fino a maggio. Il prossimo appuntamento il 17 gennaio
alle 20.15 con la “La strada” di Federico Fellini. Curatore della rassegna è Alberto
Di Giglio, docente di cinema sacro e religioso, che racconta la peculiarità della
rassegna al microfono di Antonella Pilia:
R. - Raccogliere
le sollecitazioni provvidenziali di Papa Francesco, emerse dalla straordinaria intervista
rilasciata alla rivista “La Civiltà Cattolica” a padre Antonio Spadaro. In questa
occasione non soltanto rivela le sue letture e gli autori preferiti, ma anche le preferenze
cinematografiche: alcune che già si conoscevano, come “Il pranzo di Babette”, e anche
altri film molto particolari come “La strada” di Federico Fellini e “Roma città aperta”.
Questo cineforum però non si basa semplicemente sulle preferenze cinematografiche
tout court di Papa Francesco, ma sulle tantissime esortazioni e sollecitazioni
pastorali che sono emerse in questi mesi: questo ricorrente richiamo alla testimonianza,
alla preghiera, alla misericordia, alla tenerezza e soprattutto a quell’uscire e andare
fino alle periferie esistenziali, che non è solo un camminare fisico ma è proprio
fare un cammino interiore.
D. - Può fare qualche esempio dei film che fanno
parte di questo itinerario?
R. - “Terraferma”, che sembra veramente anticipare
in una maniera profetica il grido del Papa a Lampedusa: “Cosa ne è di tuo fratello?”.
Ecco cosa significa quando il cinema si fa carico delle istanze umanitarie. Ma ancora
altri film importanti come “Elephant Man” e “Miracolo a Le Havre”, che è un film tenero,
forte, attuale, perché parla di misericordia, di speranza e di miracoli. E’ molto
bella un’espressione del regista di “Miracolo a Le Havre”: “L’unica cosa che noi abbiamo
sono gli altri”. Tutto questo si coniuga anche con questo continuo richiamo alla fraternità
e quindi a non fare distinzioni, ma ad accogliere l’altro. Il cinema è capace di questo
miracolo! E poi c’è un film che sicuramente sarà una sorta di meditazione, un viaggio
dello spirito, della mente e del cuore: “Così vicino, così lontano” di Wim Wenders,
sul bene e sul male, sul libero arbitrio, l’amore per il prossimo, la natura e la
missione degli angeli. Sono tappe che si susseguono una dopo l’altra: da “Cammina,
cammina” a “La strada”, “Terra Ferma”, “L’isola”, “Così vicino così lontano”, “12”
di Nikita Mikhalkov; e poi ancora “La tigre e la neve”, “Elephant man”, “Miracolo
a Le Havre” e “Il pranzo di Babette”.
D. - Quindi il cinema come strumento
per approfondire la riflessione sull’uomo di oggi?
R. - Assolutamente sì, perché
cerchiamo di distanziarci un po’ dai cosiddetti cinepanettoni, dal cinema inteso
come puro svago, che serve per ridere e dimenticare. Noi proponiamo un cinema che
veramente metta l’uomo al centro, in una condizione di guardare oltre, di alzare cioè
lo sguardo, di riflettere. E’ un cinema che fa pensare, che ci aiuta a capire meglio
chi siamo ed è quindi qualcosa di provvidenziale.
D. - Secondo lei, la proposta
di film che facciano riflettere oggi è ancora attraente per i giovani?
R. -
Dobbiamo riconoscere che si fa tanta fatica, perché riuscire a investire due ore del
proprio tempo in una sala cinematografica per molti giovani è veramente un’impresa.
Ma quello che cerchiamo di fare con la nostra proposta è proprio dare loro la possibilità
di farlo! Certamente è un cammino lento, e quindi graduale. Non è facile riconsegnare
alla generazione del nostro tempo questi tesori del passato.