Myanmar. Giornalisti in piazza per protestare contro la condanna al carcere di una
collega
Ieri dozzine di giornalisti birmani hanno organizzato una manifestazione pubblica
a Yangon, la più grande città del Myanmar, per protestare contro la condanna al carcere
inflitta a una loro collega che stava lavorando a una storia di corruzione. Le dimostrazioni
di piazza, ancor più se si tratta di media e stampa - riferisce l'agenzia AsiaNews
- sono un evento raro nella ex Birmania, nazione retta per oltre 50 anni da una feroce
dittatura militare e, dal 2011, impegnata in un lungo cammino di riforme in chiave
democratica. I giornalisti - oltre 60, secondo fonti locali - hanno mostrato cartelli
e bandiere per le vie della capitale commerciale del Myanmar, bollando come illegittima
e contraria ai diritti umani la condanna di Ma Khine, collega del quotidiano Daily
Eleven, a tre mesi di prigione. Ad emettere la controversa sentenza, un tribunale
dello Stato Karenni, nella parte orientale del Paese. Il mese scorso la donna è stata
incriminata per violazione di domicilio, linguaggio offensivo e diffamazione. I dimostranti
indossavano magliette nere e cantavano slogan fra cui: "Non vogliamo minacce alla
libertà di stampa". Fra i cartelli mostrati, uno recitava: "Il diritto all'informazione
è vitale per una democrazia". Ma Khine è la prima giornalista condannata sotto la
presidenza di Thein Sein; la donna è stata denunciata da un avvocato, dopo aver visitato
la sua abitazione per una intervista fissata da tempo e legata a una vicenda di corruzione.
La legale si è mostrata infastidita dalle domande della reporter e l'ha invitata a
lasciare l'appartamento; qualche giorno più tardi ha intentato una causa nei suoi
confronti. Il giudice avrebbe potuto comminare una multa, spiega il direttore di Daily
Eleven Wai Phyo, ma le ha "deliberatamente comminato una condanna al carcere per minacciare
non solo i reporter, ma anche il principio stesso della libertà di stampa". Negli
ultimi anni giornali e giornalisti in Myanmar hanno acquisito una maggiore libertà
rispetto al passato, durante la dittatura militare, grazie anche a un cammino di riforme
impresso dal presidente Thein Sein nel campo economico, sociale e politico. Egli ha
abolito gran parte della censura e concesso la pubblicazione di organi di informazione
privati, per la prima volta in oltre 50 anni. In precedenza i reporter erano costretti
a lavorare in mezzo a divieti e imposizioni fra i più restrittivi al mondo, sorveglianza
quotidiana, controllo del telefono e delle comunicazioni, verifica preventiva del
materiale. Tuttavia, ancora oggi alcune pubblicazioni sono soggette a controlli, verifiche
e denunce, promosse in particolare da agenzie governative in base al (presunto) reato
di "diffamazione". Myint Kyaw, segretario generale della Stampa birmana, ha collaborato
all'organizzazione della protesta perché - spiega - "non vogliamo che la condanna
di un collega si trasformi in un precedente pericoloso". (R.P.)