Siria: le opposizioni si danno battaglia a Raqqa. Da Homs storia di fede e coraggio
di un padre gesuita
Anche ieri in Siria non sono mancati episodi violenti. Da segnalare una vera e propria
battaglia a Raqqa, nel nordest del Paese, tra diverse fazioni delle opposizioni. Intanto
le cancellerie internazionali preparano la conferenza di pace “Ginevra 2”. Il servizio
è di Salvatore Sabatino: Opposizione spaccata,
a tal punto da far intravedere una trama di guerra nella guerra. In questa complessa
tela, il conflitto siriano, che sta mettendo l’un contro l’altro. E’ a Raqqa, nel
nordest del Paese, che si combatte l’ultima battaglia interna; qui la formazione qaedista
più ortodossa, il fronte Jabath al Nusra ha stretto d’assedio i membri dello “Stato
Islamico dell'Iraq e del Levante”. Inclini ad attacchi sanguinari, sarebbero loro
i responsabili di decine di sequestri, tra cui anche quello di padre Dall’Oglio. Nel
contempo sono stati liberati decine di prigionieri siriani, così come sono state sgomberate
due chiese di Raqqa, divenute nei mesi punti di concentramento dei ribelli. Tutto
questo mentre la Coalizione nazionale siriana ha rieletto Ahmad al-Jarba come leader
dell’opposizione per un secondo mandato di 6 mesi. Sul fronte diplomatico, invece,
prosegue la corsa contro il tempo da parte della comunità internazionale in vista
della Conferenza di pace, la cosiddetta "Ginevra 2". Un incontro tra i capi delle
diplomazie statunitense Kerry e russa Lavrov è stato fissato per il prossimo 13 gennaio;
i due discuteranno della situazione nel Paese mediorientale e, probabilmente, decideranno
le priorità dell’agenda dei lavori. Un incontro al quale l'Iran ha fatto sapere che
parteciperà a patto, però, che "venga rispettata la sua dignità".
Una guerra,
quella siriana, che sta lacerando il Paese mediorientale da tre anni, ma che non scoraggia
chi, come padreGhassan Sahoui, quotidianamente opera per il dialogo
e la solidarietà. A Homs, infatti, questo giovane gesuita dirige il Centro educativo
del Santo Salvatore, che ospita oltre 700 bambini di qualsiasi religione. Salvatore
Sabatino lo ha intervistato:
R. – Ad Homs,
noi viviamo in una zona calma, però ogni tanto arriva un missile o colpi di mortaio.
Quindi, non siamo sicuri al cento per cento. Aspettiamo e siamo prudenti. Quando ci
colpisce qualcosa, la gente deve essere pronta a scappare, ma la vita abitualmente
va avanti. Ci sono tante difficoltà, quelle materiali ed economiche soprattutto perché
ci sono tante persone che non lavorano più e quelle che lavorano ricevono solo qualcosa
sufficiente per arrivare a metà mese, dopodiché si devono trovare altre risorse.
D.
– Una guerra questa sicuramente atroce. C’è però, e so che lei questo lo vuole sottolineare
con forza, anche un grande senso di solidarietà tra la gente…
R. – Noi Gesuiti,
assieme alle suore della spiritualità ignaziana e con quasi 100 collaboratori, lavoriamo
in un Centro di aiuto umanitario per bambini. Abbiamo un Centro educativo di quasi
700 bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni e un Centro anche per disabili. Accogliamo
tutti senza far nessuna differenza tra le religione. Ci sono cristiani, musulmani,
sunniti, alawiti. Viviamo e sentiamo davvero questa solidarietà tra noi. Non vogliamo
più la guerra: tutti noi proviamo a vivere e ad aiutarci davvero a vivere anche se
c’è la guerra e la tristezza. Sentiamo però una certa gioia nel vivere insieme, nel
combattere insieme contro l’inimicizia e l’odio che purtroppo in Siria sta crescendo
sempre più tra tutti i gruppi. C’è un esempio in questo Centro, che serviamo un po’
come “ponte”: coloro che fuori combattono quando si trovano qui sono nella calma,
lavoriamo insieme per l’uomo, per i bambini e le famiglie. Si possono incontrare da
noi: questo Centro serve da vero ponte tra sunniti ed alawiti, che abitualmente sono
nemici. Non tutti, ma in generale è così.
D. – Si ha dall’esterno l’impressione
che questa sia una guerra che è molto cambiata, soprattutto nell’ultimo anno. Purtroppo,
ci sono anche presenze estere all’interno del Paese e molte testimonianze parlano
di persone che parlano altre lingue sconosciute. Si parla di ceceni, di tutto quel
radicalismo islamico che sta portando la guerra verso una direzione completamente
diversa e sicuramente più complessa. I cristiani in questa situazione che ruolo possono
svolgere, visto che hanno svolto sempre un ruolo di grande equilibrio all’interno
del Paese?
R. – I cristiani, come tutti gli altri gli uomini di buona volontà,
non vogliono altro che la pace. Anche noi siamo colpiti di come questi stranieri siano
venuti per combattere sulla terra siriana e vediamo che è vero che non si tratta di
una guerra solo tra siriani, ma è una guerra tra religioni, internazionale. Ci sono
tanti giocatori e Paesi che hanno diversi interessi. Vediamo dove si può arrivare
attraverso l’odio per l’altro: persone e combattono tra loro. Perché? Se vogliamo
davvero un esito positivo, bisogna dialogare e non combattere. Vogliamo la pace.
D.
– Questo credo sia un sentimento comune a tutta la popolazione siriana in questo momento.
Lei che è siriano, di Damasco, e che vive ad Homs, ha l’impressione che ci sia tra
la gente ancora la speranza di questa pace, che difficilmente si vede in questo momento,
o c’è più rassegnazione?
R. – Così, così. Non è facile avere speranza in questo
momento, ma ci sono tanti che sperano ancora.
D. – Lei dice che però la speranza
è lassù: la vostra preghiera è continua…
R. – Certo. Noi proviamo a metter
da parte il dialogo politico, gli argomenti politici e proviamo a vivere e aiutare
la gente sul terreno, concretamente. Basta alle armi, basta al sangue perché così
non si può vivere. Sempre tantissimi morti, sempre tantissime vittime: basta, basta!