“I Giusti di Budapest”: quando il Vaticano salvò molti ebrei dal nazismo
“I Giusti di Budapest”: è il titolo del libro, edito da San Paolo, che racconta dell’impegno
di due diplomatici vaticani per la salvezza di numerosi ebrei durante la Seconda Guerra
Mondiale. Si tratta del nunzio a Budapest, l’arcivescovo Angelo Rotta, e il suo uditore
di nunziatura, mons. Gennaro Verolino. Fausta Speranza ha intervistato l’autore,
lo storico Matteo Luigi Napolitano, docenteall’Università G. Marconi:
R. – Un libro
nato da un’esperienza straordinaria, di due straordinari diplomatici della Santa Sede:
il nunzio a Budapest, Angelo Rotta, e il suo uditore di nunziatura, mons. Gennaro
Verolino. Una storia di coraggio, una storia di giustizia anche. Non a caso il libro
si intitola “I Giusti di Budapest”. Infatti, questi due diplomatici riuscirono a salvare
molti ebrei che erano a rischio di deportazione durante i tragici anni della guerra,
ricorrendo a espedienti, anche falsificando documenti, preparando documenti in bianco,
quindi dei visti in bianco, oppure affittando immobili nella capitale ungherese ed
estendendo a esssi l’immunità diplomatica. Oppure, semplicemente – anzi, in maniera
drammatica e anche decisiva, quindi niente affatto semplice – fermando le marce tragiche
verso il confine austriaco degli ebrei che venivano deportati. I convogli venivano
fermati, con coraggio – perché quelli ebrei erano naturalmente guidati dalle guardie
filonaziste che portavano questa popolazione inerme a morire – dicendo: attenzione,
abbiamo dei lasciapassare, dei visti che consentono ad alcuni di questi ebrei di salvarsi…
D.
– Una storia di intervento umanitario, per così dire, che passa attraverso la diplomazia:
due piani che di solito vediamo distanti…
R. – Nella storia diplomatica della
Santa Sede non è, in verità, qualcosa di nuovo. C’era una qualità dell’informazione,
inviata dai diplomatici, veramente molto molto alta. Per me, in particolare, sono
state decisive le carte della famiglia Verolino, messemi a disposizione dalla nipote
di mons. Verolino. Ma non è l’unico caso. Questo ci porta a un interrogativo: questa
questione dei Giusti, dei cattolici che salvarono ebrei, è una questione episodica
oppure è una questione storiografica? Si tratta di piccoli casi isolati o si tratta,
in verità, di una rete di assistenza molto più organizzata? La mia conclusione, che
può essere anche naturalmente esposta a un esame critico, è che ci sia stata in verità
una rete organizzata di salvezza e quindi che questi Giusti – in particolare, diplomatici
vaticani – agissero anche e soprattutto dietro il coordinamento della Segreteria di
Stato della Santa Sede e del Papa.
D. – Dunque, è un pezzetto di storia rispetto
a tutto il "puzzle" della storia della Seconda Guerra mondiale, ma estremamente significativo.
Torniamo su questo titolo: “I Giusti di Budapest”?
R. – I Giusti di Budapest
sono, in particolare, mons. Angelo Rotta e mons. Gennaro Verolino: entrambi sono stati
nominati Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem. Ma è anche la storia di altri diplomatici:
penso a Raoul Wallenberg, per esempio, o a Per Johan Valentin Anger. E non se ne parla
in questo libro, ma naturalmente è nota la storia anche di Perlasca, che operò a Budapest
e salvò moltissimi ebrei. Il termine “Giusti” ci richiama anche a una storia umana,
una storia che racconta del dramma ed entra in particolare nel dramma di queste persone
che erano veramente a rischio di vita. Ci sono anche descrizioni terribili della situazione
umana e igienica di questi ebrei, di quello che i soldati delle “croci frecciate”
del regime filonazista ungherese dell’epoca, facevano a questi ebrei, di come li trattavano.