La polizia russa in stato d'allerta dopo gli attentati a Volgograd
Megaoperazione anti-terrorista in corso in Russia. Sono entrate in azione unità speciali
sia in Caucaso sia a Volgograd. Il mondo, intanto, esprime solidarietà al Cremlino
per la serie di attentati che hanno colpito il Paese. Il servizio Giuseppe D’Amato:
Oltre 4mila
uomini delle forze speciali del ministero degli Interni russo stanno controllando
Volgogrado a tappeto. Ristoranti, caffè, mercati, appartamenti con immigrati sono
passati al setaccio. 87 persone sono state poste in stato di fermo. Si cerca il covo
dei terroristi, che, nell’arco di nove settimane, hanno compiuto ben tre attentati.
Unità dei cosacchi stanno dando una mano nel controllo del territorio, mentre gli
ospedali sono pieni di donatori di sangue. In Caucaso unità speciali hanno compiuto
contemporaneamente tre operazioni contro presunti gruppi di terroristi. Il Cremlino
ha ricevuto decine di messaggi di condoglianze e di condanna per gli attentati da
ogni parte del mondo. Il presidente Putin ha parlato al telefono con il collega francese
Holland. Gli Stati Uniti hanno offerto collaborazione anti-terroristica per meglio
garantire la sicurezza degli atleti alle Olimpiadi invernali di Sochi.
Il doppio
attentato a Volgograd ripropone l'incubo terrorismo in Russia a 38 giorni dall'inaugurazione
delle Olimpiadi di Sochi. La scorsa estate, il terrorista ceceno Umarov aveva diffuso
un video in cui sollecitava attacchi contro i Giochi. Salvatore Sabatino ha
chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali,
se esista un collegamento diretto tra quell’appello e quanto accaduto nelle ultime
ore:
R. – Direi proprio
di sì: è in atto uno scontro tra chi vuole mostrare che l’area è normalizzata e pacificata
e chi invece vuole portare l’attenzione ancora sui problemi non risolti nel Caucaso.
D.
– Che cosa ci possiamo attendere come risposta da Putin?
R. – E’ sicuramente
un terrorismo non sconfitto: basti vedere la presenza dell’Internazionale caucasica
anche nel conflitto in Siria e in altre parti del mondo. Occorrerà vedere. Putin,
molto probabilmente, rafforzerà i Servizi di sicurezza. Onestamente, è difficile fare
molto di più…
D. – Negli ultimi attentati, i kamikaze, per la maggior parte
donne, non provenivano più dalla Cecenia ma dal Daghestan. Questo vuol dire che un
po’ tutta l’area è ancora caldissima…
R. – Esattamente. Dalla piccola enclave
cecena, ormai il movimento ultraradicale terroristico è diventato una realtà che si
è allargata fino a comprendere più Paesi.
D. – Negli ultimi anni la Russia,
lo ricordiamo, ha vissuto momenti drammatici legati al terrorismo, pensiamo soltanto
alla scuola di Beslan o al teatro Dubrovka di Mosca. Insomma, una quotidianità fatta
comunque di paura…
R. – Sì, anche perché gli avversari sono persone molto bene
organizzate e in grado di pianificare e condurre un’operazione con stile di commando
militare. Quindi, un avversario assolutamente temibile.
D. – C’è, a questo
punto, la necessità di garantire la sicurezza dei Giochi olimpici invernali di Sochi.
Esiste il rischio, secondo lei, che venga utilizzato il pugno di ferro in Caucaso
da parte di Putin?
R. – Mi pare che il pugno di ferro, in Caucaso, sia sempre
stato utilizzato. Semmai, il problema è stato l’eccesso di pugno di ferro che ha permesso
da una parte di eliminare alcune minacce, dall’altra parte certamente di incancrenire
ancora di più il conflitto.