Italia, bilancio politico. Baggio: necessaria maggioranza stabile per i bisogni del
Paese
Per un commento sull’attuale scenario politico italiano, Luca Collodi ha intervistato
il prof.Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Istituto
Universitario Sophia di Loppiano:
D. – Prof. Baggio,
a fine anno ci sono tre gruppi politici che in Parlamento riscuotono il maggior consenso
popolare, cioè quello che dal Pdl è transitato in Forza Italia, il Partito democratico
e il Movimento 5 Stelle. Però, tutti questi tre gruppi politici hanno i loro leader
fuori dal Parlamento, e cioè Berlusconi, Grillo e Renzi. Questo che cosa significa
per la vita politica italiana?
R. – Diciamo che i tre leader stanno fuori per
ragioni molto diverse. Il leader di Forza Italia sta fuori dal parlamento per motivi
giudiziari, il leader di 5 Stelle sta fuori dal parlamento per la natura stessa del
suo Movimento che è dirompente, vuole distruggere il sistema presente, almeno nei
suoi aspetti negativi e nei suoi limiti. E dunque, giocare da fuori e fare continuamente
riferimento al sociale, agli elettori – anche se questo si riduce, a volte, a consultarne
molto pochi – dice la natura di questo Movimento. Il Pd è un caso ancora diverso ed
è il caso di un sindaco che dunque si candida a diventare sindaco d’Italia, cioè a
dare una rappresentanza reale alle situazioni e ai bisogni locali. Qui, si tratta
di vedere come si mettono insieme queste tre forze. L’importante è avere una visione
costruttiva del nostro futuro. E credo sia possibile. Cioè, penso che quest’anno in
fondo – da dopo le elezioni di febbraio – non sia andata poi così male.
D.
– La sensazione, tuttavia, è che l’Italia abbia un governo debole, che le istituzioni
non abbiano più il consenso dei cittadini e che manchi quella che un tempo si chiamava
la sovranità nazionale per affrontare con forza i problemi che gli italiani reclamano…
R.
– Dunque, noi da quasi un anno abbiamo un governo che ha messo insieme centrodestra
e centrosinistra – in parte – dopo che queste forze si erano combattute in maniera
ideologica, addirittura distruttiva per il bene comune. Quindi, è un periodo molto
breve, è una situazione transitoria, che è stata preceduta da un anno circa di un
governo, cosiddetto tecnico, del professor Monti, che sostanzialmente applicava l’agenda
che l’Europa voleva da noi, perché ci considerava gravemente inadempienti. A questo
governo si era arrivati per la rinuncia a governare da parte dell’ultimo governo Berlusconi.
Quindi, è una sequenza di avvenimenti che certamente dà un’idea dell’Italia che politicamente
non riesce a esprimere una visione del Paese e una strategia. E questo era ciò che
noi volevamo ottenere con le elezioni di febbraio: cioè, si voleva che ci fosse una
maggioranza chiara in grado di dare una visione del Paese. Non ci siamo riusciti.
Ora dovremo riprovarci, perché questo governo è nato con un tempo a scadenza. Perciò,
noi abbiamo davanti la necessità di fare la riforma elettorale, dobbiamo finire il
2014 con l’importante occasione della presidenza dell’Unione Europea e poi andare
al voto.
D. – Ma lei non ritiene che ci sia una spaccatura tra Paese reale,
il popolo, e il Paese legale, cioè i politici?
R. – Sì c’è sfiducia nei politici,
il loro gradimento è al 5%. Questo perché non sono stati scelti. L’altro aspetto è
la capacità di questa classe politica di rappresentare le esigenze del Paese, e qui
siamo ad un livello veramente molto basso, proprio per il fatto che molti di questi
politici non sono maturati politicamente in un rapporto con i cittadini. Ora, noi
dobbiamo lavorare per rimediare a queste cose e penso che lo si possa fare se si riesce
ad avere una maggioranza – che sia di centrodestra o di centrosinistra, non importa
– purché sia un governo politicamente stabile, capace dunque di affrontare le esigenze
dei cittadini con serietà, stabile per poter fare delle riforme e affrontare alcune
grandi questioni che noi dobbiamo porci immediatamente e sulle quali siamo in ritardo
di almeno 20 anni.
D. – Negli ultimi tempi, i laici cattolici impegnati in
politica sembrano fuori gioco…
R. – Mah, a me sembra che ci siano moltissimi
cattolici, in ruoli politici. Quello che non vediamo è un’espressione del cattolicesimo
nel suo insieme. Questa dovrebbe essere, effettivamente, più marcata. Ma non è detto
che debba essere attraverso un partito. Ora, noi vediamo che Renzi è di matrice cattolica,
Letta, che è il presidente del Consiglio, pure. E io credo che non sia estraneo alla
cultura di Letta – una cultura cioè di radice cristiana che sa mettere insieme – il
fatto che sia riuscito a mettere insieme nel suo governo culture diverse. Quindi,
io vedo un elemento di presenza e di testimonianza importante dei cattolici in politica.
Quello che io vorrei vedere di più è una presenza culturale: che non significa fare
i concerti, significa fare proposte di progetti politici. Questi si possono fare anche
da fuori del parlamento e sulla base della Dottrina sociale cristiana. Secondo me,
c’è un grande ruolo per i cattolici, se lo sappiamo interpretare in questo modo.