Sud Sudan. Save the Children: il conflitto sta dividendo migliaia di bambini dai genitori
Nel Sud Sudan, sarebbero migliaia i bambini separati dalle loro famiglie in seguito
al conflitto interetnico scoppiato due settimane fa nel Paese e costato la vita già
ad almeno mille persone. Scintilla della crisi è stata lo sventato colpo di Stato,
denunciato dal presidente Salva Kiir, per opera dell’ex vice presidente, Riek Machar.
L’allarme è dell'organizzazione Save the Children, secondo cui molti minori vivono
da soli nelle zone più remote del Paese dopo che i loro genitori sono stati uccisi
e le loro case distrutte. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Emanuela
Salvatori, portavoce di Save The Children Italia:
R. - Ciò che
accade in questo momento in Sud Sudan è qualcosa che purtroppo vediamo ripetersi ogni
volta che c’è un conflitto. Ci sono violenze tra parti che fatalmente coinvolgono
anche la popolazione civile e i bambini, ahimè, sono le vittime più vulnerabili di
tali violenze.
D. – Save the Children, e anche altre organizzazioni, stanno
pensando a qualche tipo di intervento per raggiungere questi minori, molti dei quali
– secondo quanto denunciate – sarebbero isolati in zone remote del territorio…
R.
– Save the Children in questo momento sta già operando a supporto di tutti i bambini
– soprattutto separati e quindi soli – che si sono rifugiati presso i compounds
delle Nazioni Unite a Giuba. Quindi, in questo momento la priorità dell’organizzazione
è supportare i bambini e gli adolescenti che si sono ritrovati soli, privi dei genitori
o di adulti di riferimento. Ciò che in questo momento rende molto difficile l’intervento
sono queste condizioni di violenze e di grande instabilità, oltre al fatto che una
parte delle persone scappate si sia rifugiata nella foresta, quindi in luoghi difficilmente
raggiungibili. ciò che in questo momento, come organizzazione indipendente, noi chiediamo
– e in questo auspichiamo quindi la collaborazione anche della comunità internazionale
– è un immediato cessate-il-fuoco, perché solo in questo modo sarà possibile raggiungere
questa parte di popolazione in grande difficoltà e, al momento, non toccata da alcun
tipo di aiuto.
D. – Ci si è fatti un’idea dell’entità di questo conflitto,
ancora poco conosciuto, e delle sue ricadute al livello umanitario più generale?
R.
– Si tratta di un conflitto pericoloso che ci preoccupa grandemente, perché è un Paese
giovane, di recente costituzione. La sua popolazione, i bambini, gli adolescenti sono
appena usciti da anni ed anni di conflitto. Bisogna in tutti i modi impedire che la
violenza torni ad avere la meglio. Tuttavia, si può lavorare per ricondurre, aiutare
e accompagnare questo giovane Paese lungo un cammino di stabilizzazione e se possibile
convivenza.