Dal 2005 raddoppiata al povertà. La Cisl: nel 2014 tagliare le tasse sul lavoro
Nel 2012, si trovava in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti
in Italia e il 15,8% degli individui. E' quanto emerge dal Rapporto sulla coesione
sociale. E calano anche le garanzie sul lavoro. Il numero medio di lavoratori dipendenti
con contratto a tempo indeterminato nel 2013 dell’1,3% è calato rispetto all'anno
precedente. Alessandro Guarasci:
E’ un’Italia
sempre più fragile quella che emerge dal Rapporto sulla coesione sociale messo a punto
dal ministero del Lavoro, Istat e Inps. Così la povertà ha toccato livelli mai visti
dal 1997 ad oggi, raddoppiando dal 2005 e triplicando al Nord. Nel 2012 la retribuzione
mensile netta è stata di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 per gli stranieri.
Rispetto al 2011, il salario è rimasto quasi stabile per gli italiani, 4 euro in più,
mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri. In queste condizioni è fisiologico
che si facciano sempre meno figli. Nel 2013, ci sono stati 62 neonati in meno al giorno
rispetto al 2012. E anche per gli anziani non va bene. Quasi un pensionato su due
ha un assegno inferiore ai mille euro.
La grande sfida del 2014 sarà il
lavoro. Le ultime rilevazioni danno una disoccupazione al 12,5%, che raggiunge un
picco del 41,2% tra i 15 ed i 24 anni. Il governo ha messo in campo alcune misure
come la decontribuzione per i neo assunti, e nell’ultimo Consiglio dei ministri del
27 dicembre dalla redistribuzione dei fondi Ue sono arrivati 700 milioni per l’occupazione.
Sulle prospettive per il prossimo anno, Alessandro Guarasci ha sentito il segretario
confederale della Cisl Anna Maria Furlan:
R. – Per creare
lavoro e occupazione non bastano agevolazioni per assumere, che sono importanti, ma
non sufficienti: bisogna far ripartire in termini generali l’economia. Non a caso,
come Cisl, abbiamo chiesto ormai da anni un significativo segnale sulla fiscalità,
per quello che riguarda il lavoro. Siamo un Paese in cui il lavoro è passato quasi
al 50%, a carico delle imprese dei lavoratori; le rendite finanziarie al 20%; addirittura,
le transazioni finanziarie nemmeno all’1%. Quindi bisogna fare un serio lavoro sul
cuneo fiscale, molto, molto più significativo delle piccole cose che poi si sono realizzate,
molto modeste, quasi insignificanti, nella manovra finanziaria, e sbloccare immediatamente
le grandi e le medie opere.
D. – Si poteva tagliare di più il cuneo fiscale,
intervenendo anche sulla spesa pubblica?
R. – Certo, la manovra che è stata
fatta sul cuneo fiscale è talmente debole che sarà del tutto insufficiente a far ripartire
i consumi e quindi a far anche ripartire la produzione. Quindi ci vuole ben altro:
ci vogliono mosse più coraggiose, più determinate. E’ ovvio che per noi questa è una
chiave di svolta importantissima e necessaria per far ripartire l’economia.
D.
– La possibilità di un contratto unico di lavoro vi spaventa oppure è un’opportunità
anche per riformare il mercato del lavoro?
R. – Dalle dichiarazioni bisogna
poi passare a leggere proposte e testi. Se tutto questo può servire e, da quello che
capiamo, è quello l’intento di chi lo propone, a togliere tanti giovani dalla precarietà
e creare condizioni per assunzioni, perché no? Può essere una buona possibilità. A
monte ci sta, però, invece, un intervento molto serio per far ripartire l’economia
e il lavoro.