2013-12-28 17:42:23

Caritas nazionale: che il 2014 sia anno di rinascita per la politica migratoria italiana


Gli oltre 300 morti a largo di Lampedusa e i sette lavoratori cinesi periti nel rogo di Prato sono le due vergogne che nel 2013 pesano sull’Italia: la fondazione Migrantes, della Cei, ha affidato a una nota nei giorni scorsi la pesante critica contro la gestione italiana delle migrazioni. L'Italia, si legge, così come l’Europa, è incapace “di leggere e gestire un nuovo fenomeno di mobilità”. Sono però spesso proprio le tragedie che permettono di riaprire il tema dell’immigrazione, come la protesta degli ultimi giorni scoppiata nel Cie di Ponte Galeria a Roma, che ha visto un gruppo di migranti fare lo sciopero della fame, dormire all’addiaccio e addirittura cucirsi le bocche per protestare soprattutto contro le condizioni di vita alle quali sono sottoposti. Si chiude un 2013 da una parte molto doloroso, dice Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio immigrazione di Caritas italiana, dall’altra però ricco di spunti affinché il 2014 sia occasione per superare una lunga serie di criticità. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Occorre rimettere mano ad un sistema nazionale di accoglienza per chi arriva nel nostro Paese, fuggendo da guerre, conflitti, persecuzioni, e che non sia improntato come è stato sino ad oggi sull’emergenza, ma un sistema in grado di assorbire numeri che ormai sono consolidati: 30, 35 mila persone che arrivano ogni anno sulle nostre coste. Noi continuiamo a dire che serve un tavolo di concertazione con il terzo settore, affinché quest’ultimo sia parte attiva nel fronteggiare, assieme al governo, le emergenze che si presentano. Chiaramente Lampedusa è stata e rimane la realtà più sollecitata dai continui arrivi. E Lampedusa deve essere dotata di un Centro che sia degno di questo nome. La Caritas, a febbraio, aprirà un Centro operativo, di supporto, perché vogliamo dare anche un segnale forte. Lampedusa è un luogo simbolo, ma luogo anche strategico, per un’accoglienza che possa avvenire secondo quelli che sono gli standard internazionalmente riconosciuti.

D. – L’anno che entra si apre con l’eco del dibattito sull’introduzione dello Ius soli, sulla chiusura dei Cie, sulle modifiche alla Bossi-Fini. A suo giudizio quale di questi punti potrà avere, nei mesi prossimi, risposte più concrete?

R. – Un po’ tutti i punti, anche perché il tema della cittadinanza, e quindi dello Ius soli, è un tema a noi molto caro. Abbiamo partecipato, lo facciamo tutt’oggi, ad una campagna che promuove il diritto dei minori, figli di stranieri nati in Italia, ad essere cittadini italiani. E continuiamo, perché dopo tante promesse, dopo tanti impegni, dopo due proposte di legge depositate in Parlamento, ancora non vediamo una luce all’orizzonte. In qualche modo chiederemo, nonostante un panorama politico in evidente mutamento, che ci si impegni realmente, affinché questo diventi un tema forte della prossima agenda politica del nostro Paese e soprattutto di questo governo. I Cie sono un altro tema forte legato alla presenza dei cittadini stranieri irregolari sul territorio. Noi, in passato, avevamo già chiesto la loro chiusura. Dopo gli ultimi avvenimenti non possiamo che confermare questo, nella consapevolezza che i Cie costituiscono un pezzo di un’idea ormai obsoleta di gestione dell’immigrazione che, purtroppo troppo spesso, si scontra con quelle che sono palesi violazioni dei diritti umani. Quindi, ‘no’ ai Cie.

D. – E quali sono le possibilità che si possa metter mano alla Bossi-Fini?

R. – E’ un po’ tutto l’impianto sull’immigrazione in Italia che andrebbe rivisto. La Bossi-Fini costituisce evidentemente il maggiore vulnus, però non è l’unica questione. Probabilmente partire dalla Bossi-Fini significa dare un segnale forte. Noi ci attendiamo dal governo che nel 2014 qualcosa si faccia, a partire dall’abolizione del reato di immigrazione clandestina, che ha fatto subire pene indicibili spesso a migranti la cui sola colpa era quella magari di avere perso il lavoro e quindi essere diventati irregolari. Tutto questo non vorremmo più vederlo nel 2014.

D. – Una notizia delle ultime ore è la proposta di aprire agli immigrati le Forze armate italiane. La dobbiamo giudicare una provocazione o una reale possibilità?

R. – Certamente siamo su un piano abbastanza scivoloso. Già rispetto al tema legato al servizio civile nazionale abbiamo dovuto attendere una serie di sentenze perché si desse la possibilità anche ai cittadini stranieri di partecipare. Circa le Forze armate l’idea di poter vedere cittadini non italiani farne parte significa avere un nuovo approccio al tema migratorio. Non so però ancora quanto il nostro Paese sia maturo per una scelta di questo tipo.

D. – Su tutto questo vogliamo ricordare il messaggio che il Papa ha lanciato in occasione delle festività natalizie: apriamoci ai migranti, accogliamoli e aiutiamoli...

R. – Tutto quello che in questi mesi è stato fatto da Francesco è stato straordinario. Abbiamo visto il cambio di passo anche nella percezione comune rispetto al tema, e questo grazie a tutti i gesti portati avanti dal Papa. Quindi, noi crediamo fortemente nella figura di un Santo Padre che crede che l’immigrazione sia un segno dei tempi. Bisogna ormai prenderne atto, farsi carico e lavorare affinché una società, che è ormai palesemente multiculturale, possa, anche se con il tempo, anche se con fatica, diventare interculturale e quindi capace di riconoscere le differenze.







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