Turchia: proteste per lo scandalo corruzione, mano dura di Erdogan
La Turchia è nel caos per lo scandalo corruzione che ha investito in questi giorni
la classe dirigente del Paese e ha riacceso le proteste di piazza. La polizia turca
ha disperso questo venerdì centinaia di manifestanti che cercavano di riunirsi a piazza
Taksim a Istanbul. Intanto il premier Erdogan, nel mirino delle critiche, ha provveduto
ad un rimpasto del governo, mentre è stato rimosso il procuratore titolare di un nuovo
filone di inchiesta che toccherebbe anche il figlio dello stesso premier. Da parte
sua l'esercito ha annunciato di volersi tenere fuori dalle tensioni politiche generate
dallo scandalo. Ma quanto è emerso che ripercussione potrà avere sul futuro politico
della Turchia? Benedetta Capelli ne ha parlato con Luca Ozzano, docente
di scienza politica all'Università di Torino:
R. - Avrà delle
ripercussioni probabilmente molto forti perchè il primo ministro Erdogan è colpito
molto duramente. C’è anche da dire che ci sono altre inchieste in corso e quindi sono
ipotizzabili ripercussioni diverse perché questo scandalo si inserisce in un processo
che è iniziato già con le proteste di Gezi Park, quando il governo aveva represso
molto duramente le proteste e il primo ministro aveva danneggiato fortemente la sua
immagine. E’ dunque un altro colpo all’immagine di Erdogan che rende sempre più difficile
la sua elezione alla presidenza della Repubblica il prossimo anno.
D. - Il
primo appuntamento elettorale è, infatti, a marzo. Questa vicenda in che modo potrà
pesare sul partito di Ergdogan e sul suo destino politico …
R. - Ci sono molte
contrarietà a questo punto anche all’interno dello stesso partito di Erdogan. In questo
rimpasto di governo, ad esempio, sono stati inseriti quasi tutti i fedelissimi del
primo ministro. Proprio all’interno del partito, alcuni hanno lamentato il fatto che
si sia creato un governo che risponde esclusivamente a lui ed è composto - diciamo
– da esecutori passivi. E poi non va dimenticato che all’interno del partito c’è anche
il presidente della Repubblica Gul che si dice – non è ancora ufficiale – potrebbe
candidarsi contro Erdogan con il sostegno, molto probabilmente , della potente confraternita
di Fetullah Gülen, quella che - secondo Erdogan - anche se non lo ha detto esplicitamente,
sarebbe dietro a tutta questa operazione.
D. - Molti analisti affermano che
dietro ci sarebbe proprio Fetullah Gülen. Ma chi è questo personaggio?
R. -
Questo personaggio è un potentissimo predicatore e filosofo islamico che da diversi
anni vive negli Stati Uniti; per questo i suoi nemici sostengono che abbia anche rapporti
privilegiati, ad esempio, con la Cia. Propone un islam progressista, aperto al dialogo;
di fatto ha creato un vero e proprio impero che comprende media, televisioni, giornali,
una rete di scuole diffuse in tutto il mondo islamico, delle fondazioni culturali
che adesso si stanno estendendo in Europa e anche nel nostro Paese. Quindi, è potentissimo
anche a livello economico; ed è andato d’accordo - più o meno - con Erdogan fino ad
un paio di anni fa, poi ha iniziato ad entrare in rotta di collisione per una divergenza
sul processo di pace con i curdi che Ergodan sta portando avanti. Quindi, è iniziato
questo confitto tra i due che è deflagrato poi con le proteste di Gezi Park, quando
Gülen ha criticato il governo per la repressione. Il governo poi, poco tempo dopo,
si è vendicato chiudendo le sue scuole che rappresentano un settore molto fiorente
della confraternita. I dietrologi vedono in questa operazione un’ulteriore mossa contro
il primo ministro. Le accuse sono molto gravi, perché non solo coinvolgono delle operazioni
immobiliari irregolari molto diffuse - e non a caso anche le proteste di Gezi Park
erano iniziate proprio in seguito a progetti di costruzioni faraoniche a Istanbul
- ma, oltre questa dimensione interna, coinvolgono anche i rapporti con l’Iran, nel
senso che le accuse riguardano traffici illeciti compiuti attraverso una banca, l’Halkbank,
posseduta dallo Stato turco e dall’Iran. Quindi c’è anche una dimensione internazionale,
per cui la questione è molto seria.
D. - La piazza, secondo lei, che ruolo
potrà avere in questa crisi politica?
R. - La piazza ha ricominciato a protestare
subito dopo l’inizio di questa vicenda. Non so quanto la protesta diventerà effettivamente
una protesta di massa, in quanto Erdogan è ancora molto popolare. Questo fa anche
sì, che non è detto che lui perda le elezioni, perché tra la gente è ancora molto
amato.