Mons. Bruno Forte: resistenza cristiana necessaria di fronte a pensieri egemonici
in Occidente
“I cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo
e al Vangelo” sono “più numerosi oggi che nei primi tempi della Chiesa”: è quanto
ha detto nell’ultimo Angelus Papa Francesco, che ha sottolineato come questo accada
“anche in Paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani”.
Ascoltiamo – al microfono di Sergio Centofanti – la riflessione di mons.
Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:
R. – Il Vangelo
è scomodo. In qualche modo, mette in crisi soprattutto mentalità e abitudini consumistiche
ed egoistiche che tendono a chiudere gli occhi davanti alla sofferenza dei deboli
e dei poveri e a giustificare l’egoismo e la sopraffazione dei pochi. E naturalmente
in questo senso – anche in questo senso! – non c’è da meravigliarsi che ci sia un
atteggiamento di rifiuto da parte di alcuni, di attacco che è una forma di difesa
dei propri alibi e privilegi nei confronti di chi il Vangelo lo vive, di chi al Vangelo
e nel Vangelo crede. Ma proprio per questo bisogna avere fiducia nel fatto che la
sequela di Gesù porta con sé il prezzo d’amore da pagare.
D. – Preoccupa in
Occidente, per esempio, l’erosione dell’obiezione di coscienza o l’intrusione del
cosiddetto pensiero unico nell’educazione dei giovani e anche dei bambini più piccoli;
e si intravede anche una sorta di rieducazione dei giornalisti ad un linguaggio che
vorrebbe essere neutro …
R. – Queste sono le operazioni che la pretesa egemonica
di alcuni pensieri dominanti mettono in atto per affermare queste stesse pretese.
Io credo che rispetto a questo non dovremo mai stancarci di denunciare tali forme
di monopolio del pensiero – di monopolio, naturalmente, strumentale ed egoistico –
ma al tempo stesso di continuare, con profonda libertà, ad annunciare la verità del
Vangelo e darne testimonianza. Il cedimento a mentalità che siano egemoniche ed escludano
l’originalità e la libertà della coscienza e la libertà della professione religiosa,
sarebbe una gravissima minaccia all’umanità intera. Dove si cede una volta su queste
cose, si lascia aperta la porta ad ogni forma di barbarie. Ecco perché la resistenza
cristiana è necessaria anche in Paesi nei quali la democrazia viene conclamata ma
di fatto le mentalità dominanti tendono ad escludere il diverso, in modo particolare
a ridurre ad una dimensione inoffensiva – come viene giudicata – la posizione di chi
è scomodo. Ecco, io credo che più che mai dobbiamo tutti sentirci, anche dalle parole
del Papa, chiamati a dare testimonianza della nostra fede con umiltà e coraggio, senza
mai avere rancori, con la forza del perdono verso tutti ma anche con quella perseveranza
che Gesù ci chiede: “Chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato”.
D.
– Lei teme che in Occidente possano esserci dei rischi per la libertà dei cristiani,
in un prossimo futuro?
R. – La storia della Chiesa ci insegna che i rischi
ci sono sempre stati e che intere popolazioni cristiane sono state praticamente spazzate
via o ridotte, costrette a forme di vita catacombale o addirittura di abiura. Dunque,
i rischi ci sono e ci saranno sempre. Gesù non ci ha nascosto questo: nel momento
in cui mandava i suoi “come pecore i mezzo ai lupi”, ce lo ha fatto comprendere. Naturalmente,
occorre essere vigilanti, essere fedeli, mettere in conto la possibilità di pagare
un prezzo ma anche confidare nella forza della debolezza, cioè nella non violenza
dei testimoni della carità. Il peggio sarebbe cedere ad una logica di violenza – colpo
contro colpo – perché questa è una logica totalmente non cristiana. Alla fine, la
storia ha dimostrato che il sangue dei martiri è ben più fecondo della presunzione
di dominio dei loro persecutori.