2013-12-27 15:57:28

L’arcivescovo di Yangon: l’appello del Papa alla fraternità, unica via per la pace in Myanmar


Alla vigilia del nuovo anno il Myanmar si prepara "all'alba di una nuova era" caratterizzata da "libertà, democrazia, giustizia, pace, speranza e fraternità fra le diverse anime di questa meravigliosa nazione". È un messaggio improntato alla fiducia e all'unità quello che mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, rivolgerà ai cattolici birmani il primo gennaio 2014, in occasione della Giornata mondiale della pace. Negli ultimi due anni il Paese "ha aperto le porte al mondo", attraverso una serie di riforme in chiave democratica che hanno garantito maggiori libertà economiche, sociali e politiche. "Oggi - aggiunge il prelato nel messaggio inviato ad AsiaNews - c'è più spazio per la società civile per i media e gli attori politici". Una pace stabile e duratura con le minoranze etniche e il rilascio di tutti i prigionieri politici sono gli obiettivi da conseguire, in una nazione in cui "per la prima volta in oltre 50 anni" vi sono "concreti motivi di speranza" per il futuro. Nel giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la pace nel mondo, l'arcivescovo di Yangon sottolinea che "siamo solo all'inizio dell'inizio". A fronte di alcuni passi positivi come la "maggiore libertà di parola", il presule spiega che "alcuni hanno sfruttato questa libertà per diffondere odio e fomentare violenze contro i nostri fratelli e sorelle musulmani". E aggiunge che "le riforme democratiche", da sole, "non bastano" per mettere fine a decenni di conflitti; al Paese serve un "processo di pace" complessivo e non "semplici cessate il fuoco" con le minoranze etniche. Mons. Charles Bo richiama la tradizione della dottrina sociale della Chiesa, sottolineando che "la pace è figlia della giustizia" e fra loro sono imprescindibili. Quindi, rilancia il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, in cui il Pontefice indica la "fraternità" quale "fondamento e via per la pace". I conflitti interreligiosi hanno portato "sofferenza e dolore" alla giovane nazione. Fra i tanti, cita le violenze contro i musulmani Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine, che in 18 mesi hanno seminato morte e devastazione. "Senza fraternità - sottolinea - è impossibile costruire una società giusta e una pace solida e duratura". Il presule ribadisce il valore della "unità nella diversità", a maggior ragione in uno Stato "multi-etnico e multi-confessionale"; per questo sono fondamentali "pari diritti" e la valorizzazione delle diverse storie, lingue, tradizioni e culture. Da qui l'invito rivolto al governo birmano e alla comunità internazionale a "risolvere le vicende legate alla cittadinanza", in base al principio secondo cui "ogni persona nata in Myanmar, dovrebbe essere riconosciuta come cittadina" birmana. Tragedie come quelle dei Rohingya o i conflitti al nord, nello Stato a maggioranza cristiana Kachin, sono drammi che causano "profonde ferite" alla nazione. E ancora, il problema della povertà che investe almeno il 40% della popolazione e le condizioni terribili dei milioni di emigrati in Malaysia e Thailandia, vittime del traffico di vite umane, una forma di "moderna schiavitù". "Assicuro la mia vicinanza personale e quella dell'intera Chiesa - aggiunge - alle vittime indifese delle guerre dimenticate [...] dobbiamo mettere fine a ogni forma di ostilità, abusi e violazioni ai diritti umani di base". Da ultimo, mons. Bo esorta il popolo birmano "al dialogo, al perdono e alla riconciliazione" per ricostruire "la giustizia, la verità e la speranza" in Myanmar. "Auguro a tutti i fratelli e sorelle, di tutte le religioni ed etnie - conclude l'arcivescovo - di godere di una felicità vera e una speciale benedizione per il Nuovo Anno".







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