Le parole di Francesco a Natale: una nuova 'iconografia' di Dio?
Luis Badilla Morales, Radio Vaticana Le
parole pronunciate da Papa Francesco nelle giornate di Natale ci hanno fatto riscoprire
il senso profondo di questa festa cristiana, spesso ridotta a sdolcinato rito sociale.
Il Papa, all'Angelus del giorno di S. Stefano, ci ha ricordato che la nascita di Gesù,
senza la sua morte e resurrezione, non avrebbe molto senso. Hanno avuto molto
rilievo sulla stampa digitale anche le sue parole sulle persecuzioni subite oggi dai
cristiani. Francesco ha ricordato che ci sono anche attentati subdoli al diritto di
libertà religiosa, allargando il campo di osservazione anche a quei paesi che tutelano
questa libertà solo sulla carta. Molto apprezzato anche il Messaggio natalizio
del Papa in occasione della benedizione 'Urbi et Orbi' del 25 dicembre. Francesco
non ha usato parole di circostanza occupandosi puntigliosamente di tutte le aree di
crisi. Due temi, in particolare, hanno attratto l'attenzione della stampa digitale.
Il riferimento alla tragedia dei migranti a Lampedusa e la preghiera affinché non
avvenga 'mai più'. E la preghiera al Bambino di Betlemme, affinché protegga i tanti
'bambini che vengono rapiti, feriti e uccisi nei conflitti armati, e a quanti vengono
trasformati in soldati, derubati della loro infanzia'. Alcuni commentatori notano
che con espressioni quali 'Gesù è l’Amore fattosi carne', pronunciata nell'omelia
della Notte di Natale, o 'abbiamo bisogno delle carezze di Dio', detta nel
Messaggio Urbi et Orbi, il Papa stia ridisegnando l'iconografia del Dio severo e giudice,
rappresentato da Michelangelo nel suo 'Giudizio universale'. (Intervista a cura
di Fabio Colagrande)