L'arcivescovo di Tangeri: Ceuta e Melilla, no alla politica del respingimento
In questi giorni sono stati arrestati circa 120 immigrati africani che cercavano di
entrare clandestinamente a Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Marocco. Nel novembre
scorso il governo spagnolo ha deciso di reintrodurre il filo spinato con lame nella
barriera che divide il Marocco da queste due città: barriera che provoca profonde
ferite agli immigrati che tentano comunque di oltrepassare il confine. Respinte dalle
forze di sicurezza, tantissime persone restano invece bloccate in territorio marocchino
e si nascondono sulle alture circostanti. Una situazione drammatica denunciata da
mons. Santiago Agrelo Martinez, arcivescovo di Tangeri, al microfono di Olivier
Bonnel:
R. - La denuncia
la facciamo perché qui ci troviamo di fronte a un gruppo di persone grande, debole,
fatto di uomini giovani, di giovani donne e ragazze, anche bambini, alcune di queste
ragazze sono incinte e si trovano spesso a vivere nei boschi senza alcun tipo di protezione.
Abbiamo la fortuna - io penso – dell’aiuto umanitario delle autorità che ci permettono
di arrivare nei boschi a portare qualcosa per il sollievo di questa umanità. Ma non
possiamo accontentarci di questo.
D. – Qual è la posizione della Chiesa?
R.
- Noi crediamo, come Chiesa, che si tratti di persone che debbono essere non soltanto
o non tanto respinte alle frontiere, quanto aiutate affinché possano arrivare al traguardo
che cercano nella loro vita. Noi crediamo che abbiano il diritto di cercare un futuro,
un futuro per loro stessi e per le loro famiglie. Crediamo che abbiano questo diritto!
Crediamo anche che non si possa rispondere al diritto di queste persone semplicemente
con una politica di rifiuto, che ha poi delle conseguenze terribili per gli emigranti.
Penso inoltre che queste politiche non siano, tra l’altro, in alcun modo efficaci
per gli stessi Paesi europei, che le adottano proprio perché - io ritengo - non riescono
a fermare queste persone.
D. – Persone spinte a emigrare dalla disperazione
…
R. - Il problema è che queste persone pur di poter arrivare dove vogliono,
arrivano ad assumere dei rischi tanto grandi: sono molti quelli che muoiono cercando
di emigrare … E questo non è accettabile per la coscienza! Non è accettabile né il
modo in cui vivono, né il modo in cui sono trattati, né il modo in cui la politica
chiude le porte, perché non chiude soltanto le frontiere: chiudendo le porte, chiude
il futuro a questi uomini e a queste donne. Quindi per la Chiesa è una sfida. La Chiesa
si potrebbe accontentare di portare loro qualche coperta, anche dei medicinali e del
cibo… Potrebbe, forse, accontentarsi… Ma penso che non debba farlo! Penso che non
debba!