Condanna unanime dell'attentato a Beirut: tra le vittime l’ex ministro delle Finanze,
Shatah
Grave attentato ieri a Beirut, in Libano: almeno 6 i morti, una settantina i feriti
in seguito all’esplosione di un’autobomba. Nel mirino dell’attacco l’ex ministro delle
Finanze, Shatah, braccio destro di Saad Hariri ora leader dell’opposizione. Dura la
reazione del premier dimissionario Mikati, che invoca la pace e il dialogo. Per il
presidente libanese Suleiman: ''questo crimine vigliacco contribuirà solo a rafforzare
la determinazione dei libanesi a difesa del loro Paese''. Al coro unanime di condanna
si sono uniti anche il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, il patriarca cattolico
maronita libanese Beshara al-Rahi per il quale ''il Libano perde un volto brillante
della comprensione e della moderazione'' e il Gran Mufti del Libano Mohammed Rashid
Qabbani. Condanne anche da parte di Turchia, Quatar e Arabia Saudita, mentre la Siria
nega qualsiasi coinvolgimento nell'attentato. Il servizio di Cecilia Seppia:
Vetri in frantumi,
fumo, via vai di ambulanze, auto e corpi in fiamme. E’ questo lo scenario che si è
presentato stamattina in piazza Starco, nel pieno centro turistico-finanziario di
Beirut, dopo l’attentato con autobomba che ha provocato diverse vittime e feriti.
Bersaglio dell’azione, secondo la polizia, l’ex ministro delle Finanze, Muhammad Shatah,
braccio destro dell’ex premier Saad Hariri. Shatah è rimasto ucciso insieme alla sua
guardia del corpo mentre, a bordo della sua auto, si stava recando ad una riunione
della "Coalizione 14 Marzo" fortemente critica nei confronti del regime siriano e
degli Hezbollah. Poco prima di essere ucciso, Shatah aveva tra l’altro lanciato un
tweet molto duro contro le milizie sciite filo iraniane che ora appoggiano il regime
siriano di Assad. A loro, l’ex premier Hariri attribuisce la regia dell’attentato,
ma finora non c’è stata nessuna rivendicazione. Dura la reazione del premier dimissionario
Mikati, che invoca la pace e il dialogo. Una forte condanna è arrivata però anche
da Teheran e dalla Lega Araba.
Al microfono di Cecilia Seppia, l’analisi
di Francesco Mazzucotelli, docente di Storia del Medio Oriente alla Cattolica
di Milano e all’Università di Pavia:
R. – L’episodio
di oggi evidenzia come le fragilità strutturali del Libano continuino ad essere particolarmente
esposte a tutte le polarizzazioni politiche e confessionali, innescate dal conflitto
in corso in Siria. C’è un quadro estremamente preoccupante di tensione sempre maggiore,
di un tentativo, probabilmente da vari fronti, di far esplodere ancora di più le contrapposizioni
all’interno dello scenario politico libanese.
D. – Lei ha sottolineato il collegamento
che ci può essere tra la crisi siriana e questi attacchi. Pare che, però, l’obiettivo
fosse la casa dell’ex presidente Hariri e nell’abitazione era prevista una riunione
della "Coalizione 14 marzo", che è critica nei confronti del regime di Hassad e vicina
all’opposizione...
R. – E’ ovviamente prematuro cercare di attribuire delle
letture perentorie su quanto avvenuto poche ore fa, ma sicuramente la personalità
di Shatah e il fatto che si stesse recando ad una riunione di alto livello della "Coalizione
del 14 marzo", sembrano portare a dire che l’obiettivo politico di questo attentato
sia estremamente chiaro. Com’è noto, nella situazione libanese, esiste questa polarizzazione
ormai da anni, tra due campi politici - una è la "Coalizione del 14 marzo" e l’altra
la "Coalizione dell’8 marzo" – ed entrambi hanno finito per prendere posizioni sempre
più marcate nei confronti prima della presenza politica siriana in Libano e poi all’interno
del conflitto siriano, dopo il 2011.
D. – Il premier Mikati ha ovviamente
condannato in maniera dura l’attacco, soprattutto ha parlato di Shatah come una figura
moderata, che credeva nel dialogo e nella voce del diritto, diritto che in Libano
spesso sembra utopia...
R. – Non c’è dubbio che il Libano abbia un gran bisogno
di essere pacificato. La situazione politica in Libano è peraltro complicata dal fatto
che il primo ministro Mikati è, in realtà, in esercizio per il disbrigo degli affari
correnti, perché ormai da molti mesi si è dimesso, ma il nuovo primo ministro designato
non è ancora riuscito a trovare un accordo tra le varie forze politiche locali, per
la formazione di un nuovo esecutivo. Ci dovranno essere tra il 2014 e il 2015, almeno
a livello teorico, le elezioni per il rinnovo del Parlamento e la scelta di un nuovo
presidente della Repubblica.
D. – Un particolare che sta rimbalzando sui media,
sulle agenzie, è che Shatah, pochi minuti prima di morire, aveva postato un tweet
molto duro nei confronti del regime siriano e degli hezbollah...
R. – Non c’è
dubbio che ci sia una forte contrapposizione tra il movimento di Hariri e il movimento
di hezbollah, contrapposizione che si può far risalire indietro nel tempo, perlomeno
fino agli inizi del 2006. Perciò il tweet di Shatah in realtà non fa che esprimere
un percorso di contrapposizione tra i due movimenti, che è consolidato nel tempo.