Vista ritrovata: storia del miracolo che porterà agli altari suor Maria Teresa Demjanovich
Una vista riacquistata miracolosamente, quando ogni speranza medica era stata tolta.
La storia di un bimbo americano guarito dalla cecità è alla base della prossima Beatificazione
di suor Maria Teresa Demjanovich, religiosa professa della Congregazione delle Suore
della Carità di Sant'Elisabetta, scomparsa nel 1927. Papa Francesco ha approvato nei
giorni scorsi il Decreto che riconosce il miracolo e che portarà suor Maria Teresa
alla gloria degli altari. Laura Ieraci ne ha parlato con la postulatrice della
Causa a Roma, Silvia Correale:
R. – Siamo negli
anni ’60. Un bambino piccolo che andava all’asilo iniziò a manifestare problemi alla
vista. Vengono fatti tutti gli accertamenti e la diagnosi è quella di degenerazione
maculare bilaterale congenita e il bambino perde la vista velocemente. Quando dallo
Stato di New York decisero di dargli un tutor per la cecità, le suore - dove lui frequentava
la scuola - stavano lavorando per il processo di Beatificazione di suor Miriam Teresa
Demjanovich, una di loro. Dato che dovevano traslocare gli hanno dato un santino,
con una piccola reliquia di suor Miriam e lì il bambino ha iniziato a recuperare la
vista. Successivamente, l’hanno portato a New York all’ospedale oftalmologico per
far i controlli ed hanno costatato che era guarito. I medici sono stati unanime a
considerarla una guarigione inspiegabile scientificamente perché quando si verifica
questo danno agli occhi tutti gli oculisti del mondo sanno che non si può tornare
indietro; quello che è stato danneggiato non è più recuperabile.
D. – Questa
suora era nel noviziato, poi si è ammalata e prima di morire ha fatto la professione.
Ci può raccontare un po’ delle qualità che lei possedeva?
R. – Quando lei entrò
nella Congregazione delle Suore della Carità di Santa Elisabetta aveva fatto un percorso
di vita spirituale abbastanza intenso: da piccola in famiglia aveva già manifestato
questo fervore religioso; stava facendo un discernimento vocazionale ed aveva tentato
di entrare tra le Suore Carmelitane Scalze però per un problema alla vista non era
adatta: a quell’epoca – stiamo parlando del 1915/1917 – le suore vivevano di ricamo
e quindi, a causa di questo suo problema alla vista non era adatta alla vita di ogni
giorno nel monastero carmelitano. Parlando con il suo direttore spirituale cercarono
allora di trovare un’altra congregazione religiosa. Un giorno pregando lì dalle suore,
perché aveva finito gli studi ed aveva iniziato ad insegnare, andando in cappella
sentì che quello era il suo posto, che il Signore la chiamava lì. Fece presente questa
cosa al suo padre spirituale, dopo ne parlò con le suore che furono contentissime
perché la conoscevano e la apprezzavano. È stata una grande gioia. Ha quindi fatto
il periodo del noviziato e con il permesso del suo padre spirituale e della superiora
iniziò a scrivere le esperienze della sua vita di preghiera, che erano molto intense.
Lei era apparentemente una giovane “normale”, molto dedita alla preghiera e la sua
vita spirituale raggiunse una grande profondità mistica. Attraverso la sua testimonianza,
lo Spirito divino ci vuole ricordare la verità esaltante della inabitazione delle
tre persone divine nel profondo di noi. Questo si è manifestato molto forte nella
sua vita, tant’è che quando si fece la stesura della positio si chiese il parere
di un consultore in teologia mistica per poter valutare queste esperienze.