Il card. Sandri: Papa Francesco vicino ai cristiani d'Oriente che celebrano il Natale
nella sofferenza
“Ho avuto il piacere di poter incontrare il Papa proprio alla Vigilia del Natale e
ne ho tratto tanta gioia che voglio trasmettere a tutti”. Così il cardinale Leonardo
Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, al termine del colloquio
avuto all'antivigilia di Natale con Papa Francesco. Le persecuzioni, le violenze ma
anche le speranze e lo spirito evangelico delle diverse realtà delle Chiese Orientali
sono emerse dalla conversazione col Pontefice. Ma sentiamo lo stesso cardinale Sandri
al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – L’ho trovato
veramente pieno di gioia, sereno. Le cose di cui abbiamo parlato hanno riguardato
le Chiese Orientali, soprattutto, e tutte quelle zone dove c’è tanta sofferenza, guerra,
terrorismo, gente isolata, che soffre, gente bombardata. E’ stato, quindi, un incontro
anche di tristezza e di impotenza per loro. Certamente il Papa, con il cuore grande
che ha, vorrebbe dire a tutti di nuovo, ripetere quell’appello che ha fatto, intensissimo,
la sera del 7 settembre, durante la veglia di preghiera e di digiuno per la Siria:
la fraternità è la via alla pace!Sentirsi tutti responsabili del proprio Paese e non
pensare che la distruzione, la violenza, la guerra e la morte porteranno soluzioni,
ma la fraternità, così come Gesù ci ha insegnato, quel Gesù che noi adoriamo nel presepe
di Natale.
D. – Nel cuore del Papa, o nel suo cuore, ci sono anche le persecuzioni
e le privazioni di tante comunità cristiane...
R. – Certo, la vicinanza del
Papa, come lui me l’ha espressa, è veramente grande per quelli che soffrono, soprattutto
per la loro fede. Pensare che possano essere bersaglio di vendette, di violenze, di
persecuzioni è un assurdo che tutti noi deprechiamo.
D. – Quando il Papa vi
ha incontrato, durante la Plenaria della Congregazione, ha parlato di una vitalità
rifiorita, di un dinamismo missionario e di perseveranza nella difficoltà. Le chiedo
se ci sono dunque motivi, anche per sorridere, cioè dati positivi e incoraggianti
a conclusione di questo anno per la realtà delle Chiese Orientali, e che ci possano
far ben sperare per il 2014...
R. – Proprio il fatto che le Chiese Orientali
- molte di esse - siano sotto il vessillo della croce concreta, ci dà la testimonianza
più grande di quello che ha detto Gesù: “Quando sarete perseguitati, disprezzati dagli
altri, è lì che sarete miei discepoli”. Quindi questa è una speranza che sorge da
quella antichissima convinzione che il sangue dei cristiani porterà una crescita,
certo in mezzo a tante difficoltà. L’altra sfida è l’ecumenismo, perché il martirio
non è solo dei nostri cattolici, ma anche degli ortodossi, dei protestanti: vediamo
realizzato l’Ut unum sint già nel martirio dei nostri fratelli. La speranza,
quindi, c’è sempre. La vita religiosa poi - per esempio in India - la vita sacerdotale
è piena d’impeto apostolico e sono cose che veramente danno quella speranza, che è
fondata nello Spirito Santo, che è una forza travolgente, nonostante noi stessi.
D.
– Nel 2014 vede un obiettivo particolare, anche nei suoi auspici, da raggiungere?
R.
– Noi speriamo che le Chiese cattoliche orientali possano poco a poco organizzarsi
meglio, soprattutto per l’attenzione pastorale di questa nuova realtà, che sono i
profughi, gli esuli, quelli che hanno dovuto lasciare la propria patria e che sono,
in Europa, nelle Americhe, ma soprattutto in America del Nord e in Australia. Hanno
lasciato la loro patria, hanno lasciato la loro tradizione rituale. Speriamo che non
la perdano e che le Chiese con l’aiuto della comunità latina, possano organizzare
la propria vita ecclesiale in fedeltà al loro patrimonio.