2013-12-23 15:44:04

Caos in Centrafrica. Don Bondobo: motivazioni politiche non religiose dietro le violenze


In Centrafrica militari ciadiani della Forza africana (Misca) hanno aperto il fuoco contro manifestanti nei pressi dell’aeroporto, uccidendo una persona. Secondo mezzi di informazione locali, una piccola folla di civili, per lo più cristiani, chiedono le dimissioni del presidente Djotodia e il ritiro delle truppe ciadiane. Domenica scorsa migliaia di musulmani hanno dimostrato a Bangui contro l'esercito francese dopo la morte di tre combattenti del gruppo ribelle Seleka, di recente ufficialmente sciolto, in uno scontro proprio con i soldati francesi arrivati sotto l’egida dell’Onu ai primi di dicembre. All’agenzia Misna padre Dieu-Beni Mbanga, cancelliere dell’arcidiocesi di Bangui, racconta di strade deserte nella capitale Bangui. Fausta Speranza ha intervistato don Mathieu Bondobo, sacerdote centrafricano: RealAudioMP3
R. – Nella capitale la situazione è molto caotica. Ci sono manifestazioni contro i militari francesi, che sono arrivati per aiutare a ristabilire la pace nel Paese. Si racconta che questi militari francesi, togliendo le armi dalle mani di questi ribelli, tolgono loro potere e quindi la popolazione che ha sofferto delle azioni di questi ribelli ora si sta vendicando. Si parla un po’ anche di conflitti interreligiosi, cristiani contro musulmani, ma la situazione è caotica. Le notizie non sono buone.

D. – Questo gruppo Seleka è ufficialmente sciolto ma i militanti continuano ad operare, a muoversi nel Paese …

R. – Diciamo che il gruppo è sciolto solo a livello teorico, formalmente. Si dice che la coalizione è sciolta soltanto per quanto riguarda il nome, perché il fatto è che tutti questi ribelli hanno ancora le armi in mano: è per questo che si verificano ancora tante violenze!

D. – Ma poi ci sono anche altre formazioni, e sappiamo che ci sono anche miliziani che vengono dal Ciad e dal Sudan. In ogni caso, questo gruppo Seleka era formato da miliziani musulmani mentre la maggioranza del Paese è cristiana …

R. – La maggioranza di questa coalizione è musulmana. Ma questo non vuol dire che tutti i Seleka siano musulmani, bisogna dire le cose come stanno per evitare una grande confusione. Però, per la maggior parte, sì, per il 90 per cento, posso dire. E poi ci sono questi mercenari di guerra, che vengono principalmente dal Ciad e dal Sudan. Si tende a parlare di musulmani in generale, perché buona parte – ripeto – è composta da musulmani ma anche per i fatti che sono avvenuti nel Paese: quando, infatti, loro hanno preso il potere – anzi, prima ancora di prendere il potere - ci sono stati tanti saccheggi ai danni delle chiese cattoliche o della popolazione cristiana e sembra che la minoranza musulmana del Paese sia stata protetta. Lì è scoppiata la rabbia della gente: ed è per quello che adesso i ribelli stanno piano piano perdendo la loro forza e il resto della popolazione sta tirando fuori rabbia e disperazione, perché per tanti mesi hanno subito le violenze di questa coalizione Seleka.

D. – Di fatto, parliamo di un Paese destabilizzato in cui si formano milizie contro milizie ed è anche molto difficile capire cosa stia succedendo. In tutto questo, la Chiesa locale chiede che non ci sia uno scontro interreligioso …

R. – Io ho sempre ripetuto questo: che in questo momento di grave crisi che stiamo vivendo, i nostri vescovi sono proprio le autorità morali che cercano di parlare al cuore delle persone e anche di fare capire che, attenzione: il problema non è religioso, è politico. Non bisogna mai fare arrivare il problema al livello religioso e creare questo clima di conflitto tra le varie religioni che ci sono nel Paese, perché da sempre in questo Paese – essendo laico – i cristiani ed i musulmani sono riusciti a coabitare. Non c’è motivo, quindi, di arrivare ad un conflitto interreligioso. E direi di più: l’arcivescovo di Bangui fa parte di una piattaforma alla quale appartiene, oltre all’arcivescovo di Bangui, l’imam che rappresenta la comunità musulmana del Paese e un pastore delle Chiese protestanti. Quindi, questi tre leader religiosi, attraverso questa piattaforma, cercano di parlare con le persone di diverse fedi presenti nel Paese per dare pace al cuore e per far aprire gli occhi. Non devono lasciarsi ingannare dalla politica e permettere che questo conflitto diventi interreligioso. Il lavoro che stanno svolgendo secondo me è un grande lavoro: ci vuole anche l’aiuto di tutti per far sì che il problema non diventi veramente interreligioso. Potrebbe bastare poco per arrivare a quel livello …

Ultimo aggiornamento: 24 dicembre







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