Caos in Centrafrica. Don Bondobo: motivazioni politiche non religiose dietro le violenze
In Centrafrica militari ciadiani della Forza africana (Misca) hanno aperto il fuoco
contro manifestanti nei pressi dell’aeroporto, uccidendo una persona. Secondo mezzi
di informazione locali, una piccola folla di civili, per lo più cristiani, chiedono
le dimissioni del presidente Djotodia e il ritiro delle truppe ciadiane. Domenica
scorsa migliaia di musulmani hanno dimostrato a Bangui contro l'esercito francese
dopo la morte di tre combattenti del gruppo ribelle Seleka, di recente ufficialmente
sciolto, in uno scontro proprio con i soldati francesi arrivati sotto l’egida dell’Onu
ai primi di dicembre. All’agenzia Misna padre Dieu-Beni Mbanga, cancelliere dell’arcidiocesi
di Bangui, racconta di strade deserte nella capitale Bangui. Fausta Speranza
ha intervistato don Mathieu Bondobo, sacerdote centrafricano: R. – Nella capitale
la situazione è molto caotica. Ci sono manifestazioni contro i militari francesi,
che sono arrivati per aiutare a ristabilire la pace nel Paese. Si racconta che questi
militari francesi, togliendo le armi dalle mani di questi ribelli, tolgono loro potere
e quindi la popolazione che ha sofferto delle azioni di questi ribelli ora si sta
vendicando. Si parla un po’ anche di conflitti interreligiosi, cristiani contro musulmani,
ma la situazione è caotica. Le notizie non sono buone.
D. – Questo gruppo Seleka
è ufficialmente sciolto ma i militanti continuano ad operare, a muoversi nel Paese
…
R. – Diciamo che il gruppo è sciolto solo a livello teorico, formalmente.
Si dice che la coalizione è sciolta soltanto per quanto riguarda il nome, perché il
fatto è che tutti questi ribelli hanno ancora le armi in mano: è per questo che si
verificano ancora tante violenze!
D. – Ma poi ci sono anche altre formazioni,
e sappiamo che ci sono anche miliziani che vengono dal Ciad e dal Sudan. In ogni caso,
questo gruppo Seleka era formato da miliziani musulmani mentre la maggioranza del
Paese è cristiana …
R. – La maggioranza di questa coalizione è musulmana. Ma
questo non vuol dire che tutti i Seleka siano musulmani, bisogna dire le cose come
stanno per evitare una grande confusione. Però, per la maggior parte, sì, per il 90
per cento, posso dire. E poi ci sono questi mercenari di guerra, che vengono principalmente
dal Ciad e dal Sudan. Si tende a parlare di musulmani in generale, perché buona parte
– ripeto – è composta da musulmani ma anche per i fatti che sono avvenuti nel Paese:
quando, infatti, loro hanno preso il potere – anzi, prima ancora di prendere il potere
- ci sono stati tanti saccheggi ai danni delle chiese cattoliche o della popolazione
cristiana e sembra che la minoranza musulmana del Paese sia stata protetta. Lì è scoppiata
la rabbia della gente: ed è per quello che adesso i ribelli stanno piano piano perdendo
la loro forza e il resto della popolazione sta tirando fuori rabbia e disperazione,
perché per tanti mesi hanno subito le violenze di questa coalizione Seleka.
D.
– Di fatto, parliamo di un Paese destabilizzato in cui si formano milizie contro milizie
ed è anche molto difficile capire cosa stia succedendo. In tutto questo, la Chiesa
locale chiede che non ci sia uno scontro interreligioso …
R. – Io ho sempre
ripetuto questo: che in questo momento di grave crisi che stiamo vivendo, i nostri
vescovi sono proprio le autorità morali che cercano di parlare al cuore delle persone
e anche di fare capire che, attenzione: il problema non è religioso, è politico. Non
bisogna mai fare arrivare il problema al livello religioso e creare questo clima di
conflitto tra le varie religioni che ci sono nel Paese, perché da sempre in questo
Paese – essendo laico – i cristiani ed i musulmani sono riusciti a coabitare. Non
c’è motivo, quindi, di arrivare ad un conflitto interreligioso. E direi di più: l’arcivescovo
di Bangui fa parte di una piattaforma alla quale appartiene, oltre all’arcivescovo
di Bangui, l’imam che rappresenta la comunità musulmana del Paese e un pastore delle
Chiese protestanti. Quindi, questi tre leader religiosi, attraverso questa piattaforma,
cercano di parlare con le persone di diverse fedi presenti nel Paese per dare pace
al cuore e per far aprire gli occhi. Non devono lasciarsi ingannare dalla politica
e permettere che questo conflitto diventi interreligioso. Il lavoro che stanno svolgendo
secondo me è un grande lavoro: ci vuole anche l’aiuto di tutti per far sì che il problema
non diventi veramente interreligioso. Potrebbe bastare poco per arrivare a quel livello
…