Il Papa alla Curia. P. Secondin: Francesco chiede impegno a servizio del popolo
"Professionalità, servizio e santità", capacità di fare "obiezione di coscienza alle
chiacchiere", debbono essere le caratteristiche dell'officiale, e tanto più del superiore,
che lavora presso la Santa Sede. Lo ha affermato sabato Papa Francesco, in occasione
della tradizionale udienza di fine anno alla Curia Romana per gli auguri natalizi.
Parole sulle quali Fabio Colagrande ha chiesto un commento a padre Bruno
Secondin, carmelitano, docente emerito di teologia spirituale:
R. - Lo stile
di cui abbiamo conosciuto la ricchezza e la bellezza in questi mesi è molto evidente:
uno stile semplice, diretto, che tocca qua e là alcuni elementi che sono tipici del
suo linguaggio, ma anche delle sue preoccupazioni come, ad esempio, la passione della
presenza presso il popolo, il cammino della santità, la collaborazione generosa di
molti - anche nascosti - che però per lui sono, all’interno della Curia, elementi
di grande valore e di sostegno per tutto il compito che ha.
D. - Ha colpito
il fatto che il Papa, parlando alla Curia in occasione degli auguri natalizi, abbia
voluto in qualche modo disegnare il modello ideale dell’ufficiale di Curia, parlando
di professionalità, servizio e santità...
R. - Il servizio è chiaro: per essere
chiamati a Roma per lavorare accanto al Papa e a tutto il sistema della Curia ci vuole
uno spirito di servizio, ci vuole uno spirito di professionalità e questo servizio
il Papa lo interpreta alla luce della fede: è un cammino nella santità, è un cammino
appassionato per la Chiesa universale, ma anche per la Chiesa locale, lo dice esplicitamente.
Inoltre, dice che se non c’è questo servizio, si finisce per fare i burocrati. Addirittura,
con il suo tipico modo di parlare, afferma che la Chiesa diventa pesante dogana burocratica,
ispettrice e inquisitrice che blocca lo spirito. Questa è un’espressione audace, ma
molto tipica del suo modo di parlare. Quando parla del rapporto reciproco tra i collaboratori,
dà alcuni segnali che gli appartengono, come ad esempio la cura alla diligenza, la
creatività, rendere agevole agli altri collaborare, ascoltarsi, confrontarsi, valorizzare
le diverse personalità e qualità: questo è tipico. Esattamente questo modo di vivere,
questa apertura reciproca, rende possibile lo smorzamento dei disagi e anche delle
chiacchiere.
D. – “Santità”, ha detto ai curiali il Papa, significa anche un
servizio pastorale a contatto diretto con il popolo…
R. - Questo è un altro
elemento molto frequente nelle sue omelie, come ad esempio a Santa Marta, ma anche
quando ha incontrato i vescovi in Brasile, o quando ha incontra la Cei o altri insiste
sempre su questo. Anzi, vorrei approfittare per citare dall’ultima Esortazione apostolica,
Evangelii Gaudium, proprio un paragrafo che porta il titolo “il piacere spirituale
di esser popolo” che recita: “Per essere evangelizzatori autentici occorre sviluppare
il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente”. Per lui, non c’è soltanto
la santità dell’interiorità, la preghiera, la passione per Cristo, il senso della
presenza di Dio, ma anche questa gioia, questa bellezza di essere in mezzo al popolo,
“popolo del Signore”.