Angelus. Il Papa: sia un Natale di giustizia, che ogni famiglia possa avere una casa
Auguro a tutti “un Natale di speranza, di giustizia e di fraternità”. Con queste parole
Papa Francesco ha terminato l’Angelus di domenica mattina in Piazza San Pietro, durante
il quale – tra molti applausi – ha levato un appello alle autorità di qualsiasi livello
perché sia difeso il diritto alla casa per ogni famiglia e perché chi lotta per la
giustizia sociale respinga “le tentazioni della violenza”. Il pensiero spirituale
prima dell’Angelus era stato dedicato alla figura di Giuseppe, uomo buono che – ha
detto il Papa – accolse la volontà di Dio senza lasciarsi avvelenare dai dubbi e dall’orgoglio.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
Che ogni famiglia
abbia una casa. Che questo e altri diritti fondamentali per la vita siano difesi,
ma senza usare la violenza. Che il prossimo Natale sia giusto, sia fraterno, porti
speranza. Come spesso accade con Papa Francesco, ciò che delle sue parole colpisce
diritto al cuore comincia quando il testo ufficiale viene messo da parte. Ed è quanto
avvenuto in Piazza San Pietro, davanti alle decine di migliaia di persone radunate
sotto la finestra del Papa per l’ultimo Angelus prima di Natale. Il pensiero prima
della preghiera mariana è tutto su San Giuseppe, sulla sua grandezza d’animo, perché
dapprima pensa di ripudiare Maria “in segreto”, avendo appreso della sua gravidanza,
e poi è capace di allargare il cuore alla “missione più grande” che Dio gli chiede,
perché è un uomo che cerca prima di tutto la volontà di Dio:
"Non si è ostinato
a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse
l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante,
gli veniva presentata (...) Ma quante volte a noi l’odio, l’antipatia, pure, il rancore
ci avvelenano l’anima! E questo fa male. Non permettere mai: lui è un esempio di quello.
E così, Giuseppe è diventato ancora più libero e grande".
La considerazione
su Giuseppe – sulla sua capacità di essere giusto secondo Dio - sembra quasi il prologo
a quanto Papa Francesco sceglie di dire dopo aver recitato l’Angelus. Il primo spunto
viene da un grande cartellone, leggibile anche dalla sua finestra:
“Leggo
lì, scritto grande: I poveri non possono aspettare. E’ bello! E questo mi fa pensare
che Gesù è nato in una stalla, non è nato in una casa (...) E io penso oggi, anche
leggendo quello, a tante famiglie senza casa, sia perché mai l’hanno avuta, sia perché
l’hanno persa per tanti motivi. Famiglia e casa vanno insieme. E’ molto difficile
portare avanti una famiglia senza abitare in una casa. In questi giorni di Natale,
invito tutti – persone, entità sociali, autorità – a fare tutto il possibile perché
ogni famiglia possa avere una casa”.
Quindi, l’orizzonte si allarga ulteriormente.
Le cronache italiane di questi giorni hanno raccontato di proteste e scontri di piazza,
di gente che invoca quel lavoro e quelle sicurezze quotidiane che, al pari di una
casa, servono per una vita dignitosa ma che una crisi infinita ha tolto e disintegrato
per troppi. Un gruppo di queste persone aveva annunciato di voler essere all’Angelus
e Papa Francesco non delude le loro attese:
“A quanti dall’Italia si sono
radunati oggi per manifestare il loro impegno sociale, auguro di dare un contributo
costruttivo, respingendo le tentazioni dello scontro e della violenza, e seguendo
sempre la via del dialogo, difendendo i diritti”.
Anche l’augurio finale
di Papa Francesco è intonato ai pensieri fluiti in questo post Angelus così orientato
alla solidarietà, sentimento che più di altri affonda la sua ragion d'essere nello
spirito delle prossime feste:
“Auguro a tutti una buona domenica e un Natale
di speranza, di giustizia e di fraternità”.
I saluti post-Angelus del
Papa ai gruppi in Piazza erano stati dedicati, fra gli altri, alla comunità del Pontificio
Istituto Missioni Estere e ai partecipanti alla staffetta partita da Alessandria e
giunta a Roma per testimoniare l’impegno in favore della pace in Somalia.