La visita al Bambin Gesù. La gente: Francesco non ha bisogno di parole, bastano i
suoi gesti
Una visita segnata dalle emozioni quella di Papa Francesco all’Ospedale Bambino Gesù
di Roma. Il Pontefice infatti si è fermato con i piccoli pazienti, con le loro famiglie,
ma anche con tutti coloro che ogni giorno lavorano dentro l’ospedale. Il racconto
dell'inviato, Alessandro Guarasci:
Il vero discorso
ufficiale del Papa al Bambino Gesù sta raccolto nelle parole, negli sguardi che ha
scambiato con i piccoli malati. Francesco è stato in cinque reparti, ma poi si è fermato
con tanti che lo attendevano lungo i corridoi, al "Castello dei giochi", lungo il
vialone Pio XII dove centinaia di persone lo attendevano fin dalle 14. Saverio, con
la distrofia muscolare di Duchenne, ha aperto le braccia quando ha visto il Pontefice.
E ancora, alcuni genitori di fronte al Pronto soccorso:
"Ci siamo scambiati
un saluto, ci ha dato una carica, un’emozione… Ci si è avvicinato, non ha bisogno
di parlare… La semplicità e quei gesti umili dicono tutto."
Il Papa ha
voluto intrattenersi da solo con i piccoli malati. I medici lo hanno seguito durante
il percorso, non si sono intromessi nei momenti più intimi. Ma il Pontefice ha avuto
parole anche per loro. Andrea Dotta, responsabile di terapia intensiva neonatale:
"Il dialogo con i genitori è stato una richiesta di preghiera. La frase
che ci ha detto a noi medici è stata: 'Non state perdendo tempo, l’importante è seminare.'
Non sappiamo cosa, non sappiamo quando raccoglieremo, ma stiamo seminando".
Poi,
il passaggio in cappella dove ha incontrato una trentina di pazienti di oncoenatologia.
Il cappellano, don Luigi Zucaro:
"Quando stava per uscire tutti hanno
cercato la sua mano, un momento molto intenso".
Infine, il ritorno in Vaticano,
con i piccoli del Bambin Gesù nel cuore.
Al termine della visita di Papa
Francesco al Bambin Gesù, il nostro inviato, Alessandro Guarasci, ha chiesto
un commento a caldo al presidente della struttura pediatrica, il prof. Giuseppe
Profiti:
R. – Nel caso
di Papa Francesco, possiamo immaginarlo: è stata una festa, è stato qualcosa che oltre
ad essere la visita del Santo Padre, ha rappresentato un momento particolare. E’ stata
una visita "alla Papa Francesco": un lungo viaggio tra il Papa e i bambini, in realtà,
secondo lo stile di Papa Francesco. Tutto il resto, tutta la formalità è passata in
secondo piano ed è esistito, giustamente, il rapporto tra lui e i bambini e soprattutto
le loro famiglie.
D. – Quanto l’avete aspettata?
R. – Tanto, pur sapendo
comunque che ciò di cui ci occupavamo, cioè i bambini, i bambini malati, la loro fragilità,
sono il suo pensiero costante. E che, conseguentemente, anche noi fossimo nei suoi
pensieri. Oggi, sappiamo che possiamo contare su un "prodotto" terapeutico in più:
la visita del Santo Padre. E ci auguriamo che possa essere somministrato anche altre
volte, nei prossimi tempi.
D. – Come, secondo lei, può essere rafforzato il
ruolo del Bambin Gesù nel Lazio, in Italia, anche alla luce del necessario contenimento
della spesa pubblica, anche relativa alla sanità?
R. – Si dice spesso di "fare
rete": non è soltanto un concetto vuoto, un’espressione letterale. Se ci si crede,
lo si fa veramente e indubbiamente si ha un impiego migliore delle risorse. Tutto
questo, applicato al Bambin Gesù, in ambito regionale e in ambito nazionale, che cosa
vuol dire? Vuol dire la capacità di un sistema sanitario – nel caso specifico, pediatrico
– di rispondere al meglio nel luogo più proprio, dove la domanda di assistenza ha
ragion d’essere. La bassa patologia può essere affrontata giustamente in ambito locale.
Man mano che si sale di complessità e quindi il numero dei casi locali diminuisce,
è opportuno concentrarli per far sì che sostanzialmente si abbia anche una efficacia
clinica del trattamento della complessità. E quindi, centri via via più grandi: centri
di riferimento regionali e centri nazionali. Se funziona in questo modo, in cui ogni
punto di risposta di questa rete ha un ruolo diverso nell’affrontare la patologia,
il sistema lavora in maniera ottimale: non solo dal punto di vista finanziario, ma
anche nel dare nel punto giusto la risposta giusta al tipo di bisogno che c’è.