2013-12-20 15:40:32

Sud Sudan: ribelli attaccano base Onu, situazione sempre più critica


Nuove violenze in Sud Sudan, dove i ribelli guidati dall'ex vicepresidente Riek Mashar hanno attaccato una base dell'Onu ad Akobo, uccidendo due caschi blu indiani. Nel Paese è in corso uno scontro fra i soldati del clan Dinka, la stessa tribù del presidente Salva Kiir e il clan Nuer, che fa capo all’ex vicepresidente Mashar. Nella capitale, Juba, sono arrivate anche le truppe inviate dall'Uganda su richiesta del governo del Sud Sudan. Intanto sono rientrati stamani all'aeroporto militare di Ciampino i 34 cittadini italiani evacuati dal Sud Sudan a causa dei disordini scoppiati nel Paese. Con loro anche 29 civili europei. A raccontare qual è la situazione in queste ore nel Paese è Davide Berruti, capo missione dell'Organizzazione umanitaria Intersos, intervistato da Filippo Passantino: RealAudioMP3

R. - I combattimenti coinvolgono in questo momento la città di Bor. Intersos ha una base, delle operazioni in corso e fino a ieri notte, c’erano degli scontri che ci hanno costretto a rilocare il nostro staff.

D. - Anche una vostra base è stata attaccata dai guerriglieri?

R. - Purtroppo, è una cosa abbastanza normale in questi frangenti. Vengono portati via i beni più strategici nei momenti di conflitto, cioè le auto e la benzina perché servono per le operazioni. Sto verificando, insieme al mio staff, che per fortuna è rimasto indenne, cosa è stato portato via tra computer e telefoni e che cosa invece è stato salvato perché noi abbiamo appunto fatto evacuare lo staff poco prima, cercando di portare via il materiale più importante. La cosa più importante è che ovviamente il personale sia sano e salvo.

D. – Alcuni dei vostri cooperanti sono appena tornati in Italia …

R. – Sì, ieri è stata una giornata abbastanza lunga e faticosa perché abbiamo dovuto coordinare le operazioni per l’evacuazione. Le operazioni sono durate tutta la giornata; abbiamo avuto diverse difficoltà tra le quali una chiusura di un paio d’ore dell’aeroporto dovuto ad un aereo che si era rotto in mezzo alla pista. Insomma, alla fine tutto è andato bene e abbiamo portato via una sessantina di persone tra italiani e altri colleghi europei. Tutto il personale "non essenziale" è stato rilocato; ovviamente alcuni di noi sono ancora qui.

D. - E quali attività state svolgendo in questo momento?

R. - In questo momento le attività sono tutte bloccate, perché tutta la catena logistica che sottintende alle operazioni umanitarie è concentrata nell’evacuazione.

D. - Qual è la situazione della guerriglia?

R. - Qui a Juba, dopo le giornate di lunedì e martedì in cui ci sono stati gli scontri, la situazione è tranquilla. A Bor, nel Jonglei, come abbiamo detto, nei giorni scorsi ci sono stati fortissimi scontri...

D. – Si sta sviluppando una vera e propria guerra civile in questo momento …

R. – Purtroppo il conflitto è molto forte e siamo molto preoccupati perché tutto questo concentrare l’attenzione su un ritorno di conflittualità in tutti gli Stati - stanotte il mio staff mi ha chiamato; quindi sarebbe il terzo focolaio di violenze che si apre in contemporanea - ci preoccupa fortemente, perché il Sud Sudan è un Stato che ha bisogno di assistenza umanitaria. C’è ancora gente che si trova in situazioni di grande vulnerabilità e questa violenza non fa altro che peggiorare le cose.







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