"La gente ora è un
po' più serena perché le attenzioni da più parti sono state tante, non si è sentita
abbandonata". Don Fabio Ladu, vice parroco a Solarussa, nell'oristanese, racconta
come si vivono i giorni che precedono il Natale nella Sardegna devastata dall'alluvione
di un mese fa. "Di aiuto c'è ancora bisogno, non è stato possibile recuperare
tutto quello che era nelle case invase da oltre un metro d'acqua. Occorrono materassi,
il necessario per cucinare. I volontari sono stati numerosi, dei veri angeli per noi.
Molti parenti tornano in questo periodo 'dal continente', da altre città d'Italia
o dall'estero dove sono emigrati, per stare accanto ai familiari alluvionati e sperimentare
l'aiuto reciproco. Le porte del salone parrocchiale - annuncia don Fabio - resteranno
aperte anche durante il cenone di Natale per mostrare l'accoglienza permanente della
comunità". Elisabetta Spagnolo vive da sette anni a Betlemme. Moglie di
Sami, palestinese cristiano, ha scelto di compiere un 'salto nel buio' trasferendosi
nella terra dove nacque Gesù. Come si vive là questo tempo? "Io guardo sempre in
positivo, anche se non posso non provare pesantezza nel cuore quando assisto alla
sofferenza del popolo palestinese. Il problema è che qui l'uomo è visto come il nemico.
Anche se c'è la piena potenzialità di vivere uniti nelle diversità, e proprio da questi
luoghi potrebbe venir fuori la più bella immagine dell'uomo, si guarda all'altro come
colui che va sempre contro di te. Gesù nasce dove nasce l'amore, la comprensione,
il perdono. Noi non siamo bravi e vivere in Palestina non è una passeggiata, però
tutte quelle volte che abbiamo la possibilità di incontrare colui che è definito il
nostro 'nemico' - spiega Elisabetta - noi vogliamo nascere Gesù. Noi siamo al centro
della cristianità - e lo avvertiamo particolarmente a Natale - però paradossalmente
ci sentiamo un po' in periferia. Non mancano le attenzioni alla Palestina ma ci sentiamo
ai margini quando vediamo che non ci si adopera veramente per raggiungere la pace.
Forse parlare di pace è troppo, ci sembra una parola quasi troppo grande, ci basterebbe
sviluppare di più il concetto di dignità umana. Aspettiamo il Papa perché siamo sicuri
che le sue parole toccheranno il cuore, così come già accade a distanza". Con
Assunta Steccanella, formatrice nella catechesi per adulti, ricordiamo come
"l'ingresso nella basilica di Betlemme attraverso la 'porta dell'umiltà', molto bassa,
richiede di piegarsi e ci fa intuire fisicamente come entrare nel mistero del Natale
presupponga un gesto di accoglienza di qualcosa che è più grande di noi". Cosa mette
a rischio il Natale? "A fine anno sembra che tutto il mondo debba finire per poi ricominciare.
La frenesia impedisce di gustarne l'attesa, ci ha impoverito il desiderio. Bisogna
riscoprire proprio il desiderio (de-siderare, tendere in alto)". (a
cura di Antonella Palermo)