2013-12-20 19:13:28

Catturati i due evasi. La Cancellieri difende lo svuota-carceri: garantisce più sicurezza


E’ stato catturato a Mentone, in Francia, Bartolomeo Gagliano, il serial killer evaso durante un permesso premio dal carcere di Marassi. Ripreso anche l’altro fuggitivo, Pietro Esposito. E’ la prova che lo Stato funziona, le dichiarazioni di Alfano e Cancellieri. Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

Il sistema Paese funziona. E’ un’unica voce quella dei ministri di Interno e Giustizia, Alfano e Cancellieri, dopo la cattura dei due evasi. Entrambi ringraziano il capo della polizia Pansa, e plaudono alla cooperazione internazionale, quella che ha permesso alla polizia francese di arrestare, a Mentone, Bartolomeo Gagliano, il serial killer la cui evasione da Genova aveva tenuto il Paese con il fiato sospeso per due giorni. Un colpo di testa: così Gagliano ha parlato della sua fuga. Voleva costituirsi, ha anche spiegato, ma è stato catturato prima. Sono state invece le forze dell’ordine italiane a fermare Pietro Esposito, il sicario di camorra scomparso il 15 dicembre dal carcere di Pescara anche lui dopo un permesso e ritrovato in casa della sorella a Forlì. Il ministro Cancellieri in mattinata, riferendo in parlamento, aveva risposto alle polemiche nate dalle due evasioni, entrambe legate a un permesso, a pochi giorni dal sì al decreto svuota carceri. Provvedimento che la Cancellieri ha difeso: le misure alternative garantiscono più sicurezza e consentono il reinserimento del detenuto, inoltre la percentuale di violazione dei permessi è molto bassa. Per ora è stata disposta una indagine conoscitiva completa, mentre è stata avviata un’azione disciplinare per il direttore del Marassi, non per la fuga di Gagliano, ma per le dichiarazioni rese a posteriori, in cui asseriva di non conoscere i precedenti penali del serial killer.

L’evasione dei due detenuti nei giorni scorsi, a seguito di permessi premio, ha suscitato numerose polemiche e riportato all’attenzione la questione delle carceri e del sistema giudiziario italiani. Antonella Pilia ha intervistato don Virginio Balducchi, ispettore generale dei cappellani d’Italia: RealAudioMP3
R. - Sicuramente queste sono due situazioni che preoccupano molto e probabilmente c’è stata anche qualche disattenzione... Però, dall’altra parte, la Costituzione parla per chiunque di cammini di possibilità di recupero. Quando succedono questi fatti si dimentica che ci sono tante altre persone – anche con situazioni gravi – che stanno facendo dei percorsi molto positivi, responsabilizzandosi verso la propria famiglia, riparando il danno fatto, costruendo una capacità di riconciliazione sociale e anche personale molto profonda. Purtroppo l’opinione pubblica viene informata soltanto quando qualcosa non va e poco quando le cose stanno andando bene.
D. - Quindi è veramente possibile un reinserimento sociale e lavorativo, anche per coloro che si sono macchiati di gravi reati?

R. - Sicuramente noi non possiamo dire che questo non sia possibile, perché ci sono state delle persone che hanno mostrato un cambiamento molto forte nel loro percorso di vita. Potrebbe darsi che alcune persone, che magari hanno anche problemi di malattia mentale – come nel caso di uno degli evasi – debbano in ogni caso essere seguite, accompagnate un po’ di più. Qualche rischio sicuramente si corre concedendo permessi a questi detenuti, ma potremmo dire che, anche dal punto di vista cristiano, il Padre Eterno rischia con chiunque di noi, fidandosi di noi. L’uomo è messo nella condizione di fare delle scelte libere, che possono portare a scegliere il bene o il male. Sicuramente il rischio è impossibile non correrlo, altrimenti vorrebbe dire che se qualsiasi persona commettesse qualsiasi tipo di male, non potrebbe essere mai recuperabile! Questo non è possibile dirlo né dal punto di vista cristiano né dal punto di vista della Costituzione italiana.

D. - Al centro della cronaca c’è anche lo stato delle carceri in Italia, ultima in Europa per numero di detenuti, sovraffollamento e suicidi in carcere…

R. - Sono anni che la situazione delle carceri sta continuamente deteriorandosi ed è chiaro che questo non permette, anche a coloro che stanno cercando di fare il possibile, di seguire bene tutte le situazioni. Più persone ci sono concentrate nel carcere, più le risorse umane in campo per aiutarle – anche nei cammini di cambiamento – sono in difficoltà. Questo è dovuto al fatto che molto del male sociale – tossicodipendenti, immigrazione clandestina e anche malati mentali – hanno oggi come una delle poche soluzioni di cura il carcere. Questo non è possibile! E’ una pazzia! Devono essere trovati degli strumenti di giustizia che aiutino le persone a prendere in mano la propria situazione, che sia essa problema sociale dal punto di vista dell’immigrazione, un problema socio-psicologico dal punto di vista della tossicodipendenza o il problema di essere seguiti per i malati mentali. Il carcere non è la soluzione!

D. - Come giudica le misure introdotte con il decreto carceri, approvato dal governo nei giorni scorsi?

R. - Le norme varate puntano a fare in modo che la pena sia svolta nel territorio e questo abbatte la concentrazione all’interno del carcere. Non è la soluzione, ma è sicuramente un alleggerimento. Ed è l’indicazione che è possibile compiere giustizia anche con strumenti diversi dalla detenzione. La mia speranza è che questi strumenti diventino davvero praticabili – perché non è poi così semplice – e mostrino alla gente comune che è possibile esercitare una giustizia senza costringere le persone a stare in modo quasi completamente ozioso all’interno delle carceri, ma ad assumere delle responsabilità che devono essere controllate – e questo il Decreto lo prevede – e si traducano in cammini di reinserimento sociale.







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