Catturati i due evasi. La Cancellieri difende lo svuota-carceri: garantisce più sicurezza
E’ stato catturato a Mentone, in Francia, Bartolomeo Gagliano, il serial killer evaso
durante un permesso premio dal carcere di Marassi. Ripreso anche l’altro fuggitivo,
Pietro Esposito. E’ la prova che lo Stato funziona, le dichiarazioni di Alfano e Cancellieri.
Francesca Sabatinelli:
Il sistema Paese
funziona. E’ un’unica voce quella dei ministri di Interno e Giustizia, Alfano e Cancellieri,
dopo la cattura dei due evasi. Entrambi ringraziano il capo della polizia Pansa, e
plaudono alla cooperazione internazionale, quella che ha permesso alla polizia francese
di arrestare, a Mentone, Bartolomeo Gagliano, il serial killer la cui evasione da
Genova aveva tenuto il Paese con il fiato sospeso per due giorni. Un colpo di testa:
così Gagliano ha parlato della sua fuga. Voleva costituirsi, ha anche spiegato, ma
è stato catturato prima. Sono state invece le forze dell’ordine italiane a fermare
Pietro Esposito, il sicario di camorra scomparso il 15 dicembre dal carcere di Pescara
anche lui dopo un permesso e ritrovato in casa della sorella a Forlì. Il ministro
Cancellieri in mattinata, riferendo in parlamento, aveva risposto alle polemiche nate
dalle due evasioni, entrambe legate a un permesso, a pochi giorni dal sì al decreto
svuota carceri. Provvedimento che la Cancellieri ha difeso: le misure alternative
garantiscono più sicurezza e consentono il reinserimento del detenuto, inoltre la
percentuale di violazione dei permessi è molto bassa. Per ora è stata disposta una
indagine conoscitiva completa, mentre è stata avviata un’azione disciplinare per il
direttore del Marassi, non per la fuga di Gagliano, ma per le dichiarazioni rese a
posteriori, in cui asseriva di non conoscere i precedenti penali del serial killer.
L’evasione
dei due detenuti nei giorni scorsi, a seguito di permessi premio, ha suscitato numerose
polemiche e riportato all’attenzione la questione delle carceri e del sistema giudiziario
italiani. Antonella Pilia ha intervistato don Virginio Balducchi, ispettore
generale dei cappellani d’Italia: R. - Sicuramente
queste sono due situazioni che preoccupano molto e probabilmente c’è stata anche qualche
disattenzione... Però, dall’altra parte, la Costituzione parla per chiunque di cammini
di possibilità di recupero. Quando succedono questi fatti si dimentica che ci sono
tante altre persone – anche con situazioni gravi – che stanno facendo dei percorsi
molto positivi, responsabilizzandosi verso la propria famiglia, riparando il danno
fatto, costruendo una capacità di riconciliazione sociale e anche personale molto
profonda. Purtroppo l’opinione pubblica viene informata soltanto quando qualcosa non
va e poco quando le cose stanno andando bene. D. - Quindi è veramente possibile
un reinserimento sociale e lavorativo, anche per coloro che si sono macchiati di gravi
reati?
R. - Sicuramente noi non possiamo dire che questo non sia possibile,
perché ci sono state delle persone che hanno mostrato un cambiamento molto forte nel
loro percorso di vita. Potrebbe darsi che alcune persone, che magari hanno anche problemi
di malattia mentale – come nel caso di uno degli evasi – debbano in ogni caso essere
seguite, accompagnate un po’ di più. Qualche rischio sicuramente si corre concedendo
permessi a questi detenuti, ma potremmo dire che, anche dal punto di vista cristiano,
il Padre Eterno rischia con chiunque di noi, fidandosi di noi. L’uomo è messo nella
condizione di fare delle scelte libere, che possono portare a scegliere il bene o
il male. Sicuramente il rischio è impossibile non correrlo, altrimenti vorrebbe dire
che se qualsiasi persona commettesse qualsiasi tipo di male, non potrebbe essere mai
recuperabile! Questo non è possibile dirlo né dal punto di vista cristiano né dal
punto di vista della Costituzione italiana.
D. - Al centro della cronaca c’è
anche lo stato delle carceri in Italia, ultima in Europa per numero di detenuti, sovraffollamento
e suicidi in carcere…
R. - Sono anni che la situazione delle carceri sta continuamente
deteriorandosi ed è chiaro che questo non permette, anche a coloro che stanno cercando
di fare il possibile, di seguire bene tutte le situazioni. Più persone ci sono concentrate
nel carcere, più le risorse umane in campo per aiutarle – anche nei cammini di cambiamento
– sono in difficoltà. Questo è dovuto al fatto che molto del male sociale – tossicodipendenti,
immigrazione clandestina e anche malati mentali – hanno oggi come una delle poche
soluzioni di cura il carcere. Questo non è possibile! E’ una pazzia! Devono essere
trovati degli strumenti di giustizia che aiutino le persone a prendere in mano la
propria situazione, che sia essa problema sociale dal punto di vista dell’immigrazione,
un problema socio-psicologico dal punto di vista della tossicodipendenza o il problema
di essere seguiti per i malati mentali. Il carcere non è la soluzione!
D. -
Come giudica le misure introdotte con il decreto carceri, approvato dal governo nei
giorni scorsi?
R. - Le norme varate puntano a fare in modo che la pena sia
svolta nel territorio e questo abbatte la concentrazione all’interno del carcere.
Non è la soluzione, ma è sicuramente un alleggerimento. Ed è l’indicazione che è possibile
compiere giustizia anche con strumenti diversi dalla detenzione. La mia speranza è
che questi strumenti diventino davvero praticabili – perché non è poi così semplice
– e mostrino alla gente comune che è possibile esercitare una giustizia senza costringere
le persone a stare in modo quasi completamente ozioso all’interno delle carceri, ma
ad assumere delle responsabilità che devono essere controllate – e questo il Decreto
lo prevede – e si traducano in cammini di reinserimento sociale.