2013-12-17 15:52:22

"E' compito mio": presentato l'audiolibro su Graziella Fumagalli, uccisa in Somalia nel '95


Il compito che aveva scelto per se stessa era quello di stare accanto ai suoi pazienti, per quel compito è morta. Sono passati 18 anni dall’assassinio di Graziella Fumagalli, il medico di Lecco ucciso il 22 ottobre 1995 a Merca, in Somalia, da un commando, mentre visitava un paziente nell’ospedale che dirigeva per conto della Caritas italiana. Ieri, nella sede della nostra emittente, è stato presentato un audiolibro dedicato alla vita della Fumagalli. Il servizio di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

Solo una coincidenza, ma che fa riflettere: che la morte di Graziella Fumagalli sia avvenuta domenica 22 ottobre, in occasione della Giornata missionaria mondiale. Era compito suo quel giorno restare accanto ai suoi pazienti, nonostante il pericolo. Era compito suo alleviare le loro sofferenze, a rischio della sua vita. Lo aveva anche ricordato, nel giorno del suo funerale, il cardinale Carlo Maria Martini che disse: “Per tutta la vita aveva coltivato questo sogno di essere utile al prossimo attraverso al sua professione di medico. Le è toccata la stessa sorte di Gesù, che ha pagato con la vita il donarsi senza riserve”. Oggi, a Graziella Fumagalli è stato dedicato l’undicesimo audiolibro della Collana PhonoStorie, promosso da Caritas Italia e Rete Europea Risorse Umane per Multimedia San Paolo Editore. “E’ compito mio” è il titolo di questa opera che raccoglie parole e testimonianze di chi ha conosciuto la Fumagalli. Una delle prefazioni è affidata a mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti:

R. – Era una donna veramente di grande coraggio, di grande determinazione, ma nello stesso tempo una persona che sapeva collaborare e che accoglieva la collaborazione degli altri. Il ricordo è proprio di una persona dedita agli altri, ma che sapeva anche vivere con gli altri.

D. – Noi che immagine ne riceviamo, da questo audiolibro, la cui prefazione è stata affidata a lei?

R. – Io ho riassunto un po’ la sua vita, la sua figura, con quella frase che usiamo nella Liturgia, alla fine della Messa: “Glorificate il Signore con la vostra vita, andate in pace”. Era una frase che lei amava moltissimo e questa frase esprime veramente il suo impegno di cristiana, di donna medico.

D. – Quali tracce ha lasciato in Somalia questa donna?

R. – Le tracce sono nella memoria di tutte quelle persone che sono passate attraverso l’ospedale di Merca, l’ospedale specializzato nella lotta alla tubercolosi, la memoria rimasta nelle persone che l’hanno conosciuta direttamente. Naturalmente, poi c’è anche il ricordo di lei da parte nostra, non pazienti, che però l’abbiamo accompagnata in quegli anni.

D. – Il Paese sta cercando di uscire da 23 anni di caos, di anarchia, di distruzione: a che punto è?

R. – Il Paese sta cercando di rinascere, sono rinate alcune istituzioni dello Stato che sono però ancora molto fragili. Qualche passo in avanti è stato fatto, ma ha bisogno di essere continuamente appoggiato e sostenuto dalla comunità internazionale e, soprattutto, dai somali stessi. Devono pensare che l’esperienza dell’anarchia è un’esperienza pericolosa, soprattutto per la maggioranza della popolazione. Bisogna mettersela alle spalle e far sì che appoggino loro stessi questo governo che, per il momento, ha un grande sostegno dal punto di vista internazionale, mentre ho l’impressione che a livello nazionale ancora non sia bene appoggiato. Ho comunque la speranza che forse la Somalia stia per rinascere dalle proprie ceneri.

“E’ compito mio” si basa principalmente su un libro che Paolo Brivio, giornalista di Lecco, scrisse sulla vita della dottoressa, cinque anni dopo la sua uccisione:

R. – La notizia della sua morte ci sorprese. Noi giornalisti ci telefonammo nel pomeriggio, dopo avere appreso dai telegiornali dell’omicidio, chiedendoci chi fosse questa Graziella Fumagalli di cui, pur lavorando al giornale diocesano, non avevamo mai sentito parlare, ed era una circostanza abbastanza inverosimile perché in un giornale diocesano arrivano ogni giorno notizie, informazioni, sollecitazioni, comunicati di gruppi missionari che sostengono missionari religiosi e laici impegnati ai quattro angoli del mondo e Lecco è un territorio che, da questo punto di vista, ha una grande ricchezza. Ma della Fumagalli nessuno sapeva nulla. Avrei scoperto negli anni successivi, scrivendo la sua biografia, che questo si doveva alla grande riservatezza pari solo alla determinazione che lei aveva nel suo lavoro e con la quale conduceva il suo servizio.

D. – Questa sua riservatezza in qualche modo ha dato il titolo al tuo libro: “Ho nascosto il mio volto”, dal quale sono tratti alcuni brani che sono andati a comporre l’audiolibro. Che cosa ci racconta?

R. – Ci racconta, come dice il titolo dell’audiolibro, “E’ compito mio”, soprattutto un aspetto della vicenda di Graziella Fumagalli. Secondo me, il messaggio fondamentale che ci ha lasciato Graziella è quello di guardare innanzitutto al proprio compito. Lei aveva un forte senso del dovere e della responsabilità che esercitava in modo però non moralista e non con eccessiva rigidità. Era una persona che sapeva scherzare, sapeva creare squadra, sapeva coltivare le relazioni umane. Aveva però questo forte senso del lavoro e del dovere, che l’ha condotta a convertire e orientare tutta la sua vita a uno scopo ben preciso. Lei era entrata in fabbrica da ragazzina perché la famiglia aveva bisogno che lavorasse, aveva poi interrotto il lavoro, si era pagata gli studi liceali, universitari e si era specializzata in Francia con un sogno ben preciso sin dall’inizio: andare in Africa come medico. Riuscì a realizzarlo solo a 40 anni e a 45 fu uccisa. Cinque anni della sua vita a cui però tese tutta la parte precedente della sua vita. Era la missione che si era imposta, era un compito che ha pagato con la vita trovandosi di fronte a questa scelta: andarsene e non esporre se stessa e i suoi collaboratori alla violenza che sapeva possibile, oppure continuare a provare a salvaguardare le sorti dell’ospedale e quindi dei malati? Lei disse: “Questi malati, se non li curiamo noi non li cura nessuno: è compito mio rimanere accanto a loro”, e questo compito l’ha pagato con la vita.

Ultimo aggiornamento: 18 dicembre







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