Ups. 25.mo Facoltà Scienze Comunicazione Sociale. P. Chavez: impegnarsi per il bene
comune
“La sfida è grande, ma altrettanto grandi sono gli strumenti di lavoro a disposizione
dell’intera comunità accademica”. Così mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione
per l’Educazione cattolica, nel messaggio per il 25.mo della Facoltà di Scienze della
Comunicazione Sociale della Pontificia Università Salesiana a Roma, festeggiato la
settimana scorsa nella sede romana dell’Ateneo, presente il gran cancelliere e rettore
maggiore dei Salesiani, don Pascual Chavez Villanueva. Il servizio di Roberta Gisotti:
Un anno
prima era nato l’Istituto superiore di comunicazione sociale (Iscos), trasformato
poi in Facoltà, la prima in Italia dedicata alla comunicazione, inaugurata nel dicembre
del 1989. Gli allievi da 15 sono passati oggi a 200, di 35 Paesi, di tutti i continenti.
Una scelta allora profetica, come sottolinea donPascual Chavez, al
nostro microfono durante la festa:
R. - Nel passato quando si parlava di una
Università Pontificia ci si voleva restringere fondamentalmente alle Facoltà di Filosofia,
di Teologia, di Diritto canonico… Non certo si pensava ad una Facoltà di Scienze della
comunicazione sociale. Oggi sarebbe impensabile una Università Pontificia senza una
Facoltà di questo tipo. Perché? Perché oggi è inseparabile la comunicazione dall’evangelizzazione
e dall’educazione. Per cui, mi sembra che abbia una importanza molto, molto grande
e un grande significato, specialmente in questo mondo e in questa cultura digitale
in cui viviamo oggi.
D. - Si può dire che la pastorale della comunicazione
sia trasversale a tutti gli altri tipi di pastorale in qualche modo?
R. - Penso
di sì, perché fondamentalmente si tratta di una comunicazione: non è semplicemente
una trasmissione astratta, fatta di concetti e di valori. A me piace molto l’espressione
di Papa Benedetto, quando diceva che la Chiesa non cresce per proselitismo - e questo
si potrebbe fare in maniera anche impersonale - ma piuttosto per attrazione e l’attrazione
è proprio quella che rende questa capacità di comunicare, di entrare in contatto,
di poter raggiungere la mente e il cuore delle altre persone.
D. - Ci sono,
però, dei rischi e delle sfide da raccogliere in questa società sempre più interconnessa,
sempre più interdipendente, in cui a volte si avverte quasi una sensazione di perdere
il senso della comunicazione…
R. - Sì, da una parte offre tante possibilità
ed è vero quello che diceva Marshall McLuhan, quando sosteneva che il mondo è diventato
un villaggio globale. Questo senza dubbio! Ha favorito una maggiore comunicazione
di valori e di tante altre cose, però può anche portare - prima di tutto - ad un grande
individualismo, perché la persona si chiude più nei mezzi comunicazione che non nella
comunicazione interpersonale o la riduce ad una comunicazione semplicemente virtuale.
Diventa quindi molto facile stare in comunicazione con chi è lontano, ma diventa -
a volte - impossibile stare in comunicazione con coloro che vivono con me o accanto
a me. Questo è proprio il frutto di un rischio non immaginario, cui può portare questo
tipo di comunicazione. Ci può essere poi anche un uso perverso della comunicazione
al servizio della pornografia, al servizio di tante cose che invece di proporre valori,
propongono antivalori.
D. - Quindi è importante comunicare, ma continuare
anche a riflettere sul senso della comunicazione nel mondo di oggi e quindi la responsabilità
di questa Facoltà…
R. - Certo. Deve aiutare come al solito e non soltanto attrezzare
dal punto di vista dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale, ma formare persone
altamente ricche di valori umani, di sensibilità sociali e di competenza professionale,
perché questo senz’altro è il compito di qualsiasi Facoltà, ma anche di un grande
senso di cittadinanza attiva e di impegno nel bene comune, nel bene degli altri e
non soltanto nel successo personale ad ogni costo.