”Purtroppo
anche in questo tempo di Avvento la guerra nella nostra Siria continua. Ma voglio
ribadire che questo conflitto non nasce dall’interno, ma per colpa di chi, dall’esterno,
con l’aiuto del terrorismo, ha voluto creare una ‘pseudo-primavera araba” per distruggere
in realtà un Paese da sempre simbolo della convivenza tra religioni diverse che evidentemente
dà fastidio a qualcuno”. La riflessione amara è di mons. Mtanios Haddad,
siriano, archimandrita melchita e rettore della Basilica romana di Santa Maria in
Cosmedin. “Tre mesi fa – racconta padre Haddad – ero in piazza San Pietro
a pregare e digiunare per rispondere all’appello di pace per la Siria di Papa Francesco.
Ma, purtroppo, la ‘guerra degli interessi’, la guerra di coloro che vogliono vendere
armi o liberarsi dei terroristi fanatici mandandoli in Siria, continua. Il vero scopo
è creare uno stato islamista ma il popolo siriano resta unito e non lo vuole”. “Sono
tredici secoli che cristiani e musulmani vivono insieme in Siria. Ci sono stati alti
e bassi, ma abbiamo sempre creduto nella possibilità di convivere. Addirittura i musulmani
del villaggio dove sono nato, vicino a Maalula, che sono la maggioranza, hanno pregato
noi cristiani di restare per dare esempio di convivenza. Il fanatismo islamico invece
mette in pericolo la presenza dei cristiani in Siria ”. “Speriamo che alla Conferenza
di Ginevra-2 - chiude p. Haddad – si prendano in considerazione soprattutto il popolo
siriano e la sua volontà di ricostruire un Paese caratterizzato da convivenza e fratellanza
pacifica”. P. Haddad ci racconta che venerdì 13 dicembre ha riunito a Santa Maria
in Cosmedin otto cori dei collegi pontifici orientali di Roma, per cantare insieme
per la pace in Medio Oriente e in particolare in Siria. “Abbiamo chiuso la celebrazione
con le parole del messaggio del nostro Patriarca melchita, Gregorio III Laham: no
alle armi, no alla violenza, no alla guerra. Sì alla pace, alla riconciliazione e
al dialogo, unica condizione per continuare il cammino di convivenza in tutto il mondo”.
Un appello a parlare davvero il linguaggio della fraternità, invocato dal Papa
nel suo Messaggio per la giornata della pace, arriva anche da Samaan Daoud,
cittadino cristiano di Damasco. “Non ci bastano questi due anni e 9 mesi
di guerre e sangue versato in questo Paese? Non c’è altra soluzione se non il dialogo!
Bisogna creare ponti, insistere sulle cose che ci uniscono, non su quelle che ci dividono,
per ricostruire la Siria. Chi va a Ginevra-2 deve sapere che il bene da preservare
è il bene dello Stato della Siria. Uno Stato che deve essere democratico, riconoscere
tutte le confessioni e la libertà religiosa”. Daoud commenta anche la vicenda
delle otto suore ortodosse rapite il 2 dicembre a Maalula. “Le ho incontrate a settembre
nel loro monastero e mi avevano detto che volevano rimanere lì, nonostante la guerra,
per pregare per la pace. Per cui mi stupisco quando qualcuno dice che sono andate
via volontariamente e che ora sono ‘ospiti’ di qualcuno. Mi pare una grande bugia”.
“Nonostante tutto, mentre vediamo che il conflitto si fa sempre più settario e la
violenza integralista non si ferma - conclude Samaan Daoud – noi cristiani siriani
viviamo questo tempo di Avvento mantenendo la speranza che domani, un giorno non lontano,
tornerà la pace. Ci prepariamo a ricevere Gesù Bambino che dovrebbe nascere nel cuore
di ognuno”. (a cura di Fabio Colagrande)