Predica d’Avvento di p. Cantalamessa: San Francesco guidi la Chiesa ad essere umile,
a servire per amore
L’umiltà di San Francesco d’Assisi al centro della seconda predica d’Avvento, nella
Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, per il Papa e la Curia Romana. A tenerla,
il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Il servizio di Giada
Aquilino:
“Verità davanti
a Dio” ed “esempio di Cristo”. Queste le due fonti d’illuminazione dell’umiltà di
San Francesco d’Assisi, nella riflessione offerta da padre Cantalamessa al Papa e
alla Curia Romana. Oggi, ha detto il predicatore della Casa Pontificia, tutto il mondo
“corre dietro a Francesco”:
“Il mondo va dietro a Francesco, perché vede
realizzati in lui quei valori ai quali ognuno anela: la libertà, la pace, la pace
con se stessi e con il Creato, la fratellanza e la gioia. Noi, però, parleremo di
una dote di Francesco alla quale il mondo non aspira affatto, sono pochissimi quelli
che vi aspirano, ma che è invece la radice di tutti quei valori che abbiamo nominato:
è l’umiltà”.
Una umiltà che va compresa guardando all’esempio di Maria,
che aveva la virtù dell’umiltà - “e in grado sommo”, ha detto il frate cappuccino
- ma non lo sapeva. E questo è il pregio dell’umiltà: “è un profumo che non sente
chi lo emana, ma chi lo riceve”, ha aggiunto. Nel caso di San Francesco, “siamo davanti
all’umiltà essenziale, quella della creatura che prende coscienza di sé al cospetto
di Dio”:
“Finché la persona si commisura con se stessa o con gli altri o
con la società, non si conosce mai: le manca la misura esatta. Francesco ha posseduto
esattamente questo tipo di umiltà teologica. Diceva: ‘Quello che un uomo è davanti
a Dio, quello è e niente più’”.
Essere umile, ha spiegato padre Cantalamessa,
“è guardare Dio prima che se stessi”. Ciò che colpisce San Francesco è l’umiltà di
Dio:
“Francesco ha colto una verità profondissima su Dio, che dovrebbe riempire
di stupore, venerabili Padri e fratelli - anche noi: Dio è umiltà, perché è amore”.
L’amore
per sua natura, ha riflettuto il predicatore della Casa Pontificia, crea “dipendenza
e la dipendenza è umiltà: per questo – ha aggiunto – Dio è umiltà, perché è amore”.
“La
manifestazione visibile dell’umiltà di Dio si ha contemplando Cristo, che si mette
in ginocchio davanti ai suoi discepoli, per lavare loro i piedi. E possiamo immaginare
anche che erano piedi sporchi! E si ha ancora di più quando, ridotto alla radicale
impotenza sulla Croce, continua ad amare, senza mai condannare”.
Francesco
ha colto il nesso tra l’umiltà di Dio e l’incarnazione. Scopriamo così, ha proseguito,
che l’umiltà “non consiste principalmente nell’essere ‘piccoli’, perché si può essere
‘piccoli’ senza essere umili”:
“E’ nel farsi piccoli e non per qualche necessità
ma per amore, per innalzare gli altri”.
Così ha fatto Gesù, che “si è fatto
umile, come si è fatto carne”, ha spiegato padre Cantalamessa. Un volto nuovo dell’umiltà,
dunque, che si riassume con una parola: “servizio”. Per diventare “il primo”, bisogna
“farsi ultimo”, ha ricordato il predicatore, aggiungendo che “se Dio è umiltà anche
la Chiesa deve essere umiltà, se Cristo ha servito, anche la Chiesa deve servire,
per amore”:
“Per troppo tempo io credo che la Chiesa, nel suo insieme, abbia
mostrato al mondo la verità di Cristo, ma non abbastanza e altrettanto chiaramente
l’umiltà di Cristo”.
E’ con essa, l’umiltà di Cristo, “che - ha concluso
- si placano le ostilità, si smontano i pregiudizi e si apre la via all’accoglimento
del Vangelo”.