Giornata della montagna: tutelarla è chiave per la "green economy" mondiale
“Montagna, chiave della green economy mondiale”. Questo il tema proposto dalla Fao
per la Giornata internazionale della montagna celebrata ieri. Al centro della riflessione,
il ruolo cruciale delle regioni montane nello sviluppo di un modello globale di produzione
sostenibile. Sulla ricchezza del patrimonio naturale dell’Italia e sulle prospettive
dell’economia verde, Antonella Pilia ha intervistato GianvitoGraziano,
presidente del Consiglio nazionale dei geologi:
R. – L’Italia
ha una grandissima ricchezza, una grandissima risorsa che, sotto tantissimi aspetti,
è il suo territorio. La montagna rappresenta uno di questi aspetti, anzi forse è tra
quelli di maggiore importanza paesaggistica. Ma, all’interno delle nostre montagne,
ci sono anche i nostri bacini entro cui si raccolgono le acque minerali che beviamo.
I geoparchi, poi, sono delle vaste aree che hanno una valenza principalmente geologica,
ma non soltanto. Infatti, all’interno di tutti i geoparchi – in Italia ne abbiamo
ben nove – ci sono sempre le montagne: dal Geoparco dell’Adamello-Brenta fino ad arrivare
in Sicilia, dove ci sono due geoparchi, quello delle Madonie e di Rocca di Cerere.
Ma potremmo ricordare anche i Massicci Centrali della Sardegna, tutto l’arco alpino,
l’arco calabro… Insomma, abbiamo delle grandissime risorse ma non sappiamo sfruttarle
a pieno, mentre nel resto d’Europa, con molto meno, fanno grandi cose.
D. –
Questo enorme patrimonio collettivo dovrebbe essere rispettato e protetto, mentre
si assiste al degrado dei sistemi montani; penso al disboscamento, agli incendi, all’incuria
dell’uomo, che provocano frane e altri disastri ambientali. Se non si pone un freno
a questo dissesto idreogeologico, a quali rischi andremo incontro?
R. – Il
rischio più grande è quello della manutenzione del reticolo fluviale, che nasce materialmente
nelle nostre montagne e colline e poi scende giù a valle a formare quelli che sono
i grandi fiumi. Ecco, noi abbiamo bisogno di intervenire soprattutto lì, perché da
troppo tempo non facciamo più la manutenzione, anche quella ordinaria. E una manutenzione
inesistente, accompagnata da disboscamento e incendi, ma soprattutto dall’abbandono
delle campagne – che sono un patrimonio anche sotto il profilo agricolo e quindi economico
– porta ad avere i problemi di dissesto che abbiamo. Allora, cominciamo a fare manutenzione
e poi creaimo anche il presidio di questi territori, perché occorre che qualcuno,
comunque, li controlli e faccia si che chi deve poi agire sia informato su dove e
come farlo.
D. – Quali sono, secondo lei, le cause di questo mancato rispetto
per la montagna?
R. – Non è sempre frutto di poca attenzione o, peggio ancora,
di un non voler bene alla montagna. A volte, semplicemente, manca la consapevolezza
delle azioni che si compiono. Quindi, una maggiore informazione dovrebbe essere foriera
di attività che siano poi sostenibili rispetto alle necessità di una montagna.
D.
– Secondo lei, il modello di produzione sostenibile delle regioni montane può muovere
il mondo verso un’economia più verde?
R. – Assolutamente sì. Stiamo parlando
anche di zone lontane dalle grandi città e quindi lontane dal mondo dell’industria,
ma che attraverso forme di turismo o altri tipi di sviluppo hanno dato una prospettiva
economica, seppure limitata, a queste comunità. Credo che, ad esempio, attraverso
il recupero delle biomasse – una delle grandi novità in cui però, purtroppo, in Italia
siamo ancora indietro – o anche altre forme di economia verde come il rimboschimento,
si possano anche rilanciare attività economiche, che magari sono depresse, proprio
perché lontane rispetto all’economia principale, che in Italia è quella dell’industria.
Insomma, credo che quella della green economy sia un’opportunità da sfruttare.