Ucraina. Yanukovich aperto al dialogo. A Kiev il capo della diplomazia Ue Ashton
La crisi politica in Ucraina in primo piano. Continuano le manifestazioni dei filo-europeisti,
Stati Uniti ed Europa fanno appello alla calma. Il presidente Yanukovich ribadisce
l’impegno al dialogo, ma questa mattina si sono registrati scontri nella capiate Kiev,
tra dimostranti e agenti di pubblica sicurezza. Chiuse per allarme bomba due stazioni
della metro, mentre è iniziata nel Paese la missione di due giorni del capo della
diplomazia Ue, Catherine Ashton. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
Il Consiglio
dei ministri ucraino si riunirà domattina alle 10 in seduta regolare, mentre i manifestanti
filo-europeisti continuano a protestare a Kiev dopo la scelta del presidente Yanukovich
di congelare l'accordo di associazione con l'Ue. Oggi, tafferugli si sono registrati
nei pressi del palazzo del governo, alcuni manifestanti sono rimasti feriti negli
scontri con la polizia. Prosegue pacificamente anche la manifestazione nella centralissima
Maidan Nezalezhnosti. Circa cinquemila le persone presenti. Gli Stati Uniti ribadiscono
comunque la necessità di gestire la situazione nel pieno rispetto dei diritti umani.
Ieri, il vicepresidente americano, Joe Biden, ha telefonato al presidente ucraino,
Viktor Yanukovich, per esprimere preoccupazione per quanto sta accadendo. La presidenza
di turno lituana dell'Ue ha chiesto al governo di "non usare la forza e di astenersi
da qualsiasi provocazione”. Intanto, oggi è iniziata a Kiev la missione del capo della
diplomazia europea, Catherine Ashton, che incontrerà il presidente Viktor Yanukovich
nel tentativo di trovare una via d'uscita alla crisi. E oggi il presidente, che ha
più volte aperto al dialogo, vedrà anche tre dei suoi predecessori, Leonid Kuchma,
Viktor Yushchenko e Leonid Kravchuk, che la scorsa settimana si sono schierati con
l'opposizione.
Sulla situazione in Ucraina, Massimiliano Menichetti
ha intervistato Danilo Elia, esperto dell'area, di Osservatorio Balcani e Caucaso:
R. – Stiamo
assistendo a una cosa che in realtà è già accaduta: viene chiamata “la seconda rivoluzione”,
facendo riferimento alla “Rivoluzione arancione” che aveva portato a un primo cambio
al vertice dell’Ucraina, Paese che poi è ritornato sui propri passi filo-russi. Questa
è forse, per le opposizioni, una seconda occasione per dare una spinta europeista
al Paese.
D. – Di fronte a questo bivio, l’Ucraina che strada prenderà?
R.
– Siamo di fronte a una situazione poco chiara anche per gran parte degli osservatori.
Di fatto, si parla di due anime del Paese: questo per dire che c’è tantissima gente
che manifesta oggi in piazza – si parla di mezzo milione o anche più di persone –
manifestano contro Janukovyč, di fatto, contro il presidente. Ma non dobbiamo dimenticare,
appunto, che c’è tutta una grossa parte di popolazione che non è in piazza, nel senso
che supporta Janukovyč, che lo ha eletto legittimamente.
D. – Ma in sostanza,
quindi, una parte del Paese vuole un riavvicinamento a Mosca e una parte del Paese
invece guarda all’Europa per un nuovo asse?
R. – Allo stato attuale, non è
tanto in campo la questione se il Paese debba andare in direzione di Bruxelles o in
direzione di Mosca. In discussione è, in realtà, proprio tutto l’assetto del Paese.
E’ una questione prettamente interna, forse. Non c’è un Paese che vuole andare in
due direzioni diverse: ci sono più che altro divisioni all’interno della società ucraina,
quella tra province occidentali – di lingua ucraina e tradizionalmente più vicine
all’Europa intesa in senso “continentale”, oltreché con aspirazioni europeiste, nel
senso di Unione Europea – e ci sono poi le province orientali e meridionali, compresa
la Crimea, che sono abitate da una popolazione russofona, che si sente culturalmente,
religiosamente, tradizionalmente vicina alla Russia. Questa è certamente una divisione,
ma ce n’è anche un’altra, che è trasversale a questo ed è rappresentata da una parte
delle giovani generazioni, soprattutto quelle che abitano nelle città e si sentono
vicine ai loro coetanei europei – occidentali, per quello che significhi questo aggettivo
– e invece le generazioni più anziane o che abitano in realtà rurali, che tengono
più al mantenimento dello status quo, in realtà di un Paese che in gran parte
è culturalmente vicino alla Russia. In realtà, quella che spesso viene riportata come
scelta di Janukovyč di portare il Paese tra le braccia della Russia, probabilmente
non è poi così vero, nel senso che poi di fatto l’Ucraina ha da sempre strettissimi
legami con la Russia.
D. – Janukovyč ha comunque ribadito le aperture al dialogo:
basterà?
R. – Allora, oggi Janukovyč ha indetto una sorta di tavola rotonda
con tre suoi predecessori: Kravchuk, Kučma e Juščenko, tre ex presidenti ucraini compreso,
appunto, anche Juščenko che ricorderemo leader della “Rivoluzione arancione”. Da questo
sembrerebbe di capire il desiderio di creare una sorta di unione nazionale. Come dire:
una via di uscita che rappresenti l’unione nazionale. Bisogna vedere cosa ne verrà
fuori, nel senso se basterà alla piazza…
D. – Quale sarà quindi lo scenario?
R.
– L’ipotesi forse più probabile, al momento, è che effettivamente si possa andare
a elezioni anticipate, cosa che però non è detto che di per sé rappresenti una soluzione
ai mali dell’Ucraina. Dobbiamo appunto ricordare che Janukovyč è stato, nelle scorse
presidenziali, legittimamente eletto e che può contare su un grosso bacino di voti.
Quindi, ci si potrebbe ritrovare a nuove elezioni che in realtà non cambino più di
tanto l’assetto delle cose.