Il Papa: la porta del Signore è sempre aperta, il cristiano non perda mai la speranza
Quando Gesù si avvicina a noi, sempre apre le porte e ci dà speranza. E’ quanto affermato
da Papa Francesco, martedì mattina, nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha
ribadito che non dobbiamo avere paura della consolazione del Signore, ma anzi dobbiamo
chiederla e cercarla. Una consolazione che ci fa sentire la tenerezza di Dio. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
“Consolate,
consolate il mio popolo”. Papa Francesco ha iniziato la sua omelia soffermandosi su
un passo del Libro del Profeta Isaia, Libro della consolazione d’Israele. Il Signore,
ha osservato, si avvicina al suo popolo per consolarlo, “per dargli pace”. E questo
“lavoro di consolazione” è così forte che “rifà tutte le cose”. Il Signore compie
una vera ri-creazione:
“Ricrea le cose. E la Chiesa non si stanca di dire
che questa ri-creazione è più meravigliosa della creazione. Il Signore più meravigliosamente
ricrea. E così visita il suo popolo: ricreando, con quella potenza. E sempre il popolo
di Dio aveva questa idea, questo pensiero, che il Signore verrà a visitarlo. Ricordiamo
le ultime parole di Giuseppe ai suoi fratelli: ‘Quando il Signore vi visiterà portate
con voi le mie ossa’. Il Signore visiterà il suo popolo. E’ la speranza di Israele.
Ma lo visiterà con questa consolazione”.
“E la consolazione – ha proseguito
– è questo rifare tutto non una volta, tante volte, con l’universo e anche con noi”.
Questo “rifare del Signore”, ha detto il Papa, ha due dimensioni che è importante
sottolineare. “Quando il Signore si avvicina – ha affermato – ci dà speranza; il Signore
rifà con la speranza; sempre apre una porta. Sempre”. Quando il Signore si avvicina
a noi, ha tenuto a ribadire, “non chiude le porte, le apre”. Il Signore “nella sua
vicinanza – ha soggiunto – ci dà la speranza, questa speranza che è una vera fortezza
nella vita cristiana. E’ una grazia, è un dono”:
“Quando un cristiano dimentica
la speranza, o peggio perde la speranza, la sua vita non ha senso. E’ come se la sua
vita fosse davanti ad un muro: niente. Ma il Signore ci consola e ci rifà, con la
speranza, andare avanti. E anche lo fa con una vicinanza speciale a ognuno, perché
il Signore consola il suo popolo e consola ognuno di noi. Bello come il brano di oggi
finisce: ‘Come un pastore egli fa pascolare il gregge, e con il suo braccio lo raduna,
porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri’. Quell’immagine
di portare gli agnellini sul petto e portare dolcemente le madri: questa è la tenerezza.
Il Signore ci consola con tenerezza”.
Dio che è potente, ha proseguito,
"non ha paura della tenerezza". "Lui si fa tenerezza, si fa bambino, si fa piccolo”.
Nel Vangelo, ha osservato, Gesù stesso lo dice: “Così è la volontà del Padre, che
neanche uno di questi piccoli si perda”. Agli occhi del Signore, ha aggiunto, “ognuno
di noi è molto, molto importante. E Lui si dà con tenerezza”. E così ci fa “andare
avanti, dandoci speranza”. Questo, ha detto ancora, “è stato il principale lavoro
di Gesù” nei “40 giorni fra la Risurrezione e l’Ascensione: consolare i discepoli;
avvicinarsi e dare consolazione”:
“Avvicinarsi e dare speranza, avvicinarsi
con tenerezza. Ma pensiamo alla tenerezza che ha avuto con gli apostoli, con la Maddalena,
con quelli di Emmaus. Si avvicinava con tenerezza: ‘Dammi da mangiare’. Con Tommaso:
'Metti il tuo dito qui'. Sempre così è il Signore. Così è la consolazione del Signore.
Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di non avere paura della consolazione
del Signore, di essere aperti: chiederla, cercarla, perché è una consolazione che
ci darà speranza e ci farà sentire la tenerezza di Dio Padre”.