Il vescovo di Carpi vara un progetto di finanza sociale a favore dell'imprenditoria
giovanile
Si chiama “Fides et Labor Benedetto XVI” il progetto di finanza sociale della diocesi
di Carpi per sostenere le idee imprenditoriali di giovani che non possono accedere
al finanziamento delle banche. Il fondo pari a 300mila euro nasce sulla spinta della
donazione effettuata nel 2012 dal Papa emerito in visita nelle zone terremotate e
dalla raccolta di offerte di privati. Una volta restituito, il denaro verrà rimesso
in circolo per aiutare altre persone in difficoltà. Il progetto è stato presentato
ieri mattina dal vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina. Ascoltiamolo al
microfono di Paolo Ondarza:
R. – L’idea
mi è nata subito, dopo qualche mese che sono arrivato in diocesi, perché la nostra
zona è molto ricca di industrie, di attività commerciali, e anche qui naturalmente
la crisi si sta facendo sentire. Poi, c’è stato l’evento drammatico del terremoto
e la cosa è passata in secondo piano. Quando è venuto il Santo Padre, Benedetto XVI,
per la visita pastorale del 26 giugno del 2012, mi ha fatto avere una cifra di 100
mila euro, messa a disposizione del vescovo per quello che riteneva opportuno. Ho
interpretato questa donazione come un segno della Provvidenza per riprendere quel
progetto che avevo in mente appena arrivato in diocesi. Ho pensato di costituire un
Comitato etico che favorisse l’occupazione giovanile. Questa idea ha trovato ancora
più conferme, quando ho incontrato i giovani nelle visite in diocesi: ho toccato con
mano il desiderio e la creatività di questi giovani, le belle idee anche da un punto
di vista imprenditoriale, che non potevano realizzare perché non riuscivano ad ottenere
i finanziamenti dalle banche, non assicurando un minimo di garanzia.
D. –
Questa iniziativa, nata come diceva dalla donazione di Papa Benedetto XVI, restituisce
speranza ai giovani, che oggi non riescono a metter su un’impresa...
R. – Esattamente.
Viene dato un finanziamento per un progetto che questi ragazzi presenteranno, senza
interessi. Potremmo quasi dire che sono soldi dati a fondo perduto, che se potranno
restituire, li restituiranno, altrimenti sarà stato un tentativo, che ha comunque
un suo valore. E’ un’iniziativa totalmente nuova, della quale non esiste esempio in
Italia.
D. – Quali sono le categorie imprenditoriali oggi più a rischio nella
diocesi di Carpi?
R. – Era molto sviluppata l’industria tessile. Carpi era
una - e lo è ancora in parte – delle capitali della moda. Poi, la parte meccanica,
l’industria meccanica è quella più in crisi.
D. – Faceva riferimento al terremoto.
Qual è oggi la situazione?
R. – Io sono abbastanza soddisfatto, nel senso che
la ricostruzione procede in termini piuttosto veloci. Abbiamo già riaperto una chiesa
e ne riapriremo diverse altre entro la fine dell’anno. Il prossimo anno si riaprirà
la cattedrale. Anche da un punto di vista industriale, devo dire che, le aziende che
hanno subito danno, hanno ripreso tutte la loro attività. Insomma, dobbiamo ringraziare
il Signore, le autorità, la nostra gente, perché è gente molto laboriosa, molto intraprendente,
non si è fatta prendere dallo sconforto. Siamo, quindi, contenti. Certo, si può sempre
fare di più, si può sempre fare di meglio. Questo Comitato etico che è stato costituito
e questa iniziativa hanno lo scopo di favorire i giovani nel mondo del lavoro, perché
è questo il dramma che la nostra società sta vivendo: la disoccupazione giovanile.
Per
valutare e accompagnare nella realizzazione i singoli progetti ai quali verrà erogato
un prestito massimo di 10mila euro è stato costituito un Consiglio Etico, presieduto
da Giuseppe Torluccio, docente di Tecnica bancaria all’Università di Bologna.
Paolo Ondarza lo ha intervistato:
R. - È una forma
di finanza sociale che cerca di raggiungere soprattutto i giovani che hanno iniziative
che vorrebbero sviluppare. Viene richiesto che venga rimborsata la parte del finanziamento,
ma non sono previsti oneri per interessi e per costi aggiuntivi.
D. - Qualora
i singoli progetti non andassero in porto, non incontrassero successo, cosa accadrebbe…
R.
- Non si esaurisce tutto nell’erogazione del finanziamento. Come tutti sanno, nelle
varie forme di finanza sociale la parte del finanziamento è indispensabile ma è solo
il primo passo; seguono poi attività di accompagnamento dove le singole iniziative
vengono strutturate con quelle che sono un po’ le logiche di sviluppo di una piccola
attività e di sviluppo dell’impresa. Come in tutte le operazioni non si dà per scontato
che tutto venga rimborsato, però siamo abbastanza ottimisti sul fatto che persone
di buona volontà si impegnino e riescano anche a rimborsare la quota ricevuta.
D.
- Oltre alla buona volontà, che è sicuramente un buon presupposto, quali devono essere
i requisiti per accedere al fondo?
R. - I requisiti riguardano la possibilità
di mettere in piedi un’iniziativa imprenditoriale, uno studio professionale quindi
di piccola dimensione, dove due o tre persone sono in grado di strutturare un’idea
che abbia anche una sua sostenibilità economica. Il comitato etico valuterà quindi
sia gli aspetti di finanza sociale, ma anche gli aspetti di economicità dell’iniziativa,
per capire quali sono quelle che possono con maggiore facilità riuscire a portare
a frutto il finanziamento ricevuto.
D. - Un progetto come questo dimostra che
è possibile anche in altre parti d’Italia adottare analoghe iniziative a sostegno
dell’imprenditoria giovanile?
R. - Certamente, è possibile realizzarlo anche
in altre parti d’Italia. Si tratta di riuscire a costituire un fondo di una certa
dimensione, poi poter aiutare queste iniziative anche in quelle che sono le fasi successive
al finanziamento in senso stretto. Speriamo di mettere in piedi i primi finanziamenti
già prima della fine del 2013.