Filippine: governo e ribelli islamici siglano intesa in vista dell'accordo di pace
definitivo
Il governo delle Filippine e il principale gruppo ribelle del Paese, il Fronte islamico
di liberazione Moro (Milf), hanno firmato ieri a Kuala Lumpur, in Malaysia, un’intesa
che apre la strada ad un accordo di pace definitivo. Si punta a porre termine all’insurrezione
dei ribelli, che dal 1970 ha già causato 150 mila morti. Il documento appena siglato
riconosce un’ampia autonomia alla futura regione di Bangsamoro, nelle zone a maggioranza
musulmana nel sud del Paese. Attesa per una soluzione di pace anche a Zamboanga, sull’isola
filippina di Mindanao, dove a settembre un altro gruppo ribelle - il Fronte nazionale
di liberazione Moro (Mnlf) - aveva attaccato la popolazione in segno di protesta contro
le autorità di Manila. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Zamboanga
padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime da 35 anni nelle Filippine e
fondatore del movimento per il dialogo interreligioso ‘Silsilah’:
R. – Questo
accordo fa parte di un itinerario step-by-step: diciamo che è il penultimo
ostacolo da superare per arrivare al trattato di pace finale tra il governo e il movimento
Moro Islamic Liberation Front (Milf). Sono già più o meno tre anni che esiste questo
percorso: ci sono appunto degli step - li chiamano ‘annessi’ - per decidere
la distribuzione del territorio, la distribuzione del potere, la distribuzione delle
tasse e così via. L’ultimo annesso - il prossimo, il quarto - è quello che riguarda
la spartizione dei mari, perché ci sono leggi internazionali e nazionali al riguardo
e perché in questi mari ci sono ingenti risorse naturali, come gas e petrolio. Poi
l’intesa finale dovrebbe passare al Congresso, per diventare legge.
D. – In
questo momento si sta trattando sull’autonomia, sul disarmo dei ribelli. Cosa cambierebbe
con un accordo di pace definitivo nelle Filippine? Ricordiamo che questa insurrezione
ha già causato 150 mila morti dagli anni Settanta…
R. – Dobbiamo incoraggiare
questo accordo. Gli ostacoli che ci saranno lungo la strada riguarderanno la capacità
di mettersi d’accordo. A tal proposito, domani, qui a Zamboanga, abbiamo un grande
incontro, un summit dei leader: è stato organizzato dal governo con l’aiuto della
diocesi e del gruppo religioso musulmano, per discutere della situazione e di come
si possa andare avanti. Quindi, direi che ci sono tentativi di trovare soluzioni a
diversi livelli. Tra l’altro, questo accordo di pace riguarda le zone musulmane, ma
in quelle aree vivono anche dei cristiani e dei gruppi tribali: in linea generale
queste realtà accettano l’accordo, pur guardandolo con qualche preoccupazione perché
figura come un’intesa per i musulmani. Ecco: noi cerchiamo di ricordare che dev’essere
a beneficio di tutti.
D. – Questi step, in vista di un accordo finale,
giungono in un momento difficile per le Filippine…
R. – In effetti, il 9 settembre
c’è stato l’attacco a Zamboanga con centinaia di morti e feriti, 10 mila case distrutte.
Ancora abbiamo migliaia e migliaia di rifugiati, con tutti i problemi annessi. Poi,
dopo qualche settimana, abbiamo avuto il terremoto nella zona di Bohol e poi il grosso
disastro del super-tifone Haiyan. Quindi, veramente, le Filippine stanno soffrendo
molto.
D. – Lei da tanti anni si occupa di dialogo interreligioso, con il suo
movimento Silsilah: qual è la speranza della Chiesa locale?
R. – Facciamo di
tutto perché la pace possa essere veramente raggiunta e sia duratura. Viviamo nella
speranza di questo obiettivo.