Anziani maltrattati. Il Tam: Italia in ritardo nella lotta agli abusi
Anziani soli, a volte non autosufficienti, costretti a dormire in angusti seminterrati
o ad assumere medicine e alimenti scaduti. E’ la realtà che si cela dietro alcune
case di cura, che ogni tanto viene alla ribalta delle cronache. Un altro frutto amaro
della “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco, che vede persone fragili
e bisognose di cure, calpestate nei loro diritti. Cecilia Sabelli ha intervistato
Francesca Carpenedo della Cooperativa Solimai, che dal 2001 gestisce il Tam,
Telefono anziani maltrattati:
R. - Le denunce
che noi abbiamo ricevuto in questi anni sono sempre quasi completamente anonime. Questo
significa che le persone, che lavorano o che hanno un parente o che sono ricoverate
in casa di riposo, spesso di fronte a una denuncia dove compare il proprio nome hanno
paura di ritorsioni. Le denunce che più registriamo riguardano essenzialmente alcune
carenze: carenze di assistenza relative alla mancanza di personale o alla mancanza
di fornitura di presidi igienico-sanitari. In alcuni casi viene denunciata anche la
somministrazione eccessiva di medicinali a scopo contenitivo, in modo tale che le
persone con problemi di demenza - che provocano un comportamento agitato - siano più
che sedate.
D. – Quali azioni concrete potrebbero prevenire e impedire gli
abusi perpetrati in alcune di queste strutture...
R. – Considerata negli ultimi
vent’anni la grande diffusione conosciuta dalle strutture residenziali dovrebbe essere
scontato un censimento di queste. Così come dovrebbe essere chiaro che, a seconda
della valenza assistenziale di ogni casa di riposo, dovrebbero esserci diversi livelli
formativi del personale. In questo modo le persone che vi lavorano sarebbero sotto
un certo punto di vista tutelate e non verrebbero mandate allo sbaraglio rispetto
a compiti che non possono assumersi. Se fossero adeguatamente formate, inoltre, non
incorrerebbero in quello che viene comunemente definito, per esempio, il burn out
dell’assistente o del caregiver, che poi li rende attuatori di abusi sugli anziani.
D. – Qual è l’approccio delle istituzioni rispetto al problema dei maltrattamenti
agli anziani, che possono avvenire anche nel contesto familiare o dell’assistenza
domiciliare...
R. – Mi permetto una piccola polemica: si parla tanto di “femminicidio”.
E’ stata fatta una legge, un’iniziativa più che encomiabile; però dobbiamo renderci
conto che la violenza è violenza, che sia sulle donne, sui bambini, sugli anziani,
rimane comunque violenza. Purtroppo, secondo noi, ormai si tratta proprio di un approccio
culturale sbagliato, di approccio alla vita e ai rapporti con gli altri. Forse sarebbe
più semplice dare un indirizzo più generale contro la violenza. Certamente ci sono
casi di violenza sulle donne che sono particolarmente spiacevoli perché realizzati
dai propri compagni di vita, dalle persone di cui più ci si dovrebbe fidare. E’ altrettanto
vero, però, che numerosissimi sono anche i casi di violenze domestiche verso gli anziani.
D.
– La Cooperativa Solimai ha partecipato, come componente della coalizione italiana,
al progetto “WeDo – Wellbeing and dignity for older”: qual è il contributo dell’Europa,
dove il problema del maltrattamento degli anziani è molto sentito e gestito probabilmente
in maniera diversa rispetto all’Italia...
R. – Rispetto al resto dell’Europa
noi siamo in un ritardo tragico e cronico. Francia, Inghilterra, Germania ormai hanno
tutte le loro carte dei diritti degli anziani, dove viene fatto preciso riferimento
ai casi di abuso. Qui, invece, questo concetto è ancora difficile da far passare.
Altro tema che si sta molto dibattendo adesso in Europa: il 2012 è stato l’anno de
“L’Europa amichevole verso le diverse età”, e l’idea è sviluppare il più possibile
progetti che portino ad uno scambio intergenerazionale in modo tale che gli anziani
possano costituire ancora una risorsa.