Orosei, in migliaia ai funerali dell'imprenditore suicida. Mons. Marcìa: rimuovere
burocrazia per aiutare chi ha perso tutto
A Orosei, in Sardegna, migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di Pasqualino
Contu, l'imprenditore 49enne, sposato e padre di tre figlie, che si è tolto la vita
in un momento di disperazione, dopo che l'alluvione dello scorso novembre gli aveva
devastato l’azienda, creata 30 anni fa e con 15 dipendenti. L’imprenditore aveva dovuto
affrontare già due volte la ricostruzione della propria attività. La Confindustria
locale ha lanciato un appello a non lasciare soli gli imprenditori per timore di gesti
analoghi. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons.Mosè Marcìa,
vescovo di Nuoro:
R. – Il morale
di certe situazioni imprenditoriali è molto giù, e non solo gli imprenditori, ma anche
pastori che hanno perso il gregge, agricoltori che hanno perso il raccolto. La solidarietà
è grandissima, ma i problemi restano. La solidarietà va bene per venir fuori dai primi
bisogni, ma dopo che questi sono finiti, poi bisogna tornare alla vita quotidiana,
alla vita normale, ma mancano i mezzi per riprendere la stessa vita. Questo è il dramma.
Mi auguro che questo suicidio resti un caso unico, ma c’è davvero la fatica di imprenditori,
agricoltori e pastori.
D. – Lei ha incontrato queste persone?
R. – La
persona che è mancata ieri no, non l’avevo ancora incontrata. Incontrerò adesso la
famiglia. Ma ho incontrato gli altri. Posso raccontare un episodio brevissimo, che
riguarda Torpè, un paesino vicino a dove è capitato il fatto: un uomo è rientrato
a casa, ma non l’ha trovata. Lui è vedovo, i suoi figli sono sposati e nelle loro
case. E commentando l’episodio questo uomo ha detto: “Non voglio disturbare i figli,
hanno la loro famiglia. Io ho il vuoto, a casa mia non c’è più nessuno”. L’ho trovato
che stava ripulendo dal fango la tomba della moglie, e mentre diceva: ho solo lei.
Questo fa capire il vuoto che ha creato dentro le persone questa alluvione.
D.
– Dopo il suicidio di Pasqualino Contu, la Confindustria della Sardegna centrale ha
lanciato un appello alle istituzioni, ha chiesto di non lasciare soli questi microimprenditori,
di ascoltare la voce di dolore che si alza dal territorio sardo. Lei si unisce a questa
richiesta? Lei anche si rivolge alle istituzioni?
R. – Sì, posso rivolgermi
alle istituzioni e ho già parlato con qualcuno di loro. E’ tutta una Regione che è
malmessa. Non me la sento di dividere le istituzioni – parlo delle istituzioni locali
– l’imprenditoria o la persona semplice. Siamo tutti nella stessa barca. Ho pregato,
supplicato e ho già fatto dei passi affinché le istituzioni tolgano tutto l’aspetto
burocratico che in questo momento altro non fa che intasare un percorso e che potrebbe
creare maggiori danni. Sa che cosa è capito ad Orosei? E’ capitato che un ponte abbia
retto e non sia crollato, però si è intasato per tutto quello arrivava e quindi ha
tracimato, ha travasato e ha rovinato tutto. Se anche la burocrazia si mette a tappare,
a chiudere i passaggi, anziché ripulire per far scorrere, siamo davvero impantanati
del tutto. Chiedo davvero alle istituzioni di togliere il più possibile tutti quelli
che sono gli ostacoli, io li chiamo burocratici, che forse sono anche giusti, in un
momento di vita normale, ma che oggi sono soltanto un ostacolo.
D. – Attualmente
la situazione delle persone che stanno cercando di rientrare in casa qual è?
R.
– Alcuni sono rientrati in casa tranquilli e pacifici – pacifici si fa per dire. Sono
rientrati, ma ci sono ancora nei paesi della mia diocesi un centinaio di famiglie
che non possono ancora rientrare. Addirittura qualcuno che era rimasto dentro, adesso
deve uscire, perché ora ci si rende conto che la sua casa è pericolante.