Centrafrica, truppe francesi accolte dall'esultanza dei civili. La testimonianza di
una missionaria italiana
Sono giunti oggi in Centrafrica, accolti dall’esultanza dei civili, i primi rinforzi
di terra dell'esercito francese, come stabilito dall’Onu, per riportare la pace nel
Paese. Le violenze scatenate dai ribelli hanno fatto almeno 300 morti da giovedì scorso.
Le truppe francesi hanno già risposto al fuoco di una banda di miliziani, uccidendone
alcuni. Sull'aggravarsi delle violenze e della situazione umanitaria nella Repubblica
Centrafricana ascoltiamo la testimonianza di suor Elvira Tutolo, missionaria
delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che opera a Berberati,
città a circa 650 km dalla capitale Bangui. L'intervista è di Fabio Colagrande:
R. – Purtroppo,
con grande dolore confermiamo tutto. Per quanto riguarda questi ultimi avvenimenti,
giovedì scorso – quando c’è stato l’attacco a Bangui – anche qui ci sono stati spari.
Anche se siamo a 600 chilometri di distanza la reazione è stata immediata anche qui
a Berberati: un fuggi fuggi di gente, i negozi chiusi, la banca chiusa, i bambini
che avevano appena ripreso la scuola sono stati tutti rimandati a casa.
D.
– Cosa pensa dell’intervento di questa forza di peacekeeping francese africana autorizzata
dall’Onu?
R. – Più che dire quello che penso vorrei esprimere un desiderio
molto chiaro: certamente in questo momento era necessario, anzi è arrivato in ritardo
secondo noi; i massacri si potevano evitare prima. Non possiamo più accettare che
si giochi con la gente che grida in questo momento: “Basta!”. La Repubblica centrafricana
è piccola ma si trova in un punto strategico dell’Africa. Non siamo così ingenui da
credere che gli interventi di qualsiasi tipo siano gratuiti. Il desiderio grande,
il grido grande che questo popolo fa è che anche questo intervento della Francia sia
veramente per un sostegno vero. Mi comprendete quando dico “vero”? Che non si nascondino
grossi interessi dietro ma che finalmente serva, dopo anni ed anni, davvero ad aiutare;
che sia un grido vero per lo sviluppo di questo Paese.
D. – Qual è la situazione
dei civili, la situazione in particolare dei bambini, perché le agenzie dell’Onu sono
molto preoccupate per la situazione umanitaria…
R. – Io sono presidente di
una onlus che si chiama “Kizito”, proprio per la protezione dei ragazzi, dei giovani
che vivono sulla strada. Purtroppo ne abbiamo perduti 35 – almeno quelli di cui siamo
a conoscenza - sono stati presi nei ranghi della Seleka. Ne abbiamo potuti proteggere
altri: li abbiamo sistemati in un centro agricolo ad otto chilometri da qui; ne sono
30. La realtà è molto dura, le famiglie sono molto provate: sono state saccheggiate,
i bambini ne hanno subito le conseguenze; ne abbiamo perduti tre – intendo dire che
sono morti – della nostra associazione. Quindi, i 30 ragazzi li proteggiamo in questo
centro ad otto chilometri da qui.
D. – Cosa significa vivere l’Avvento in questo
momento in Centrafrica; vivere l’attesa del Salvatore…
R. – Di fronte tutta
questa distruzione, questa morte è proprio molto difficile continuare a credere e
a sperare. Ma come credenti e soprattutto come persone chiamate qui ad accompagnare
la nostra gente, anche se con fatica, dobbiamo desiderare che questa “utopia”, l’utopia
del Regno, diventi sempre più una realtà. Che la pazienza, la perseveranza sia il
nostro pane di ogni giorno per poter continuare a sostenere i nostri fratelli, che
questo Dio che deve venire, venga realmente anche per la Repubblica centrafricana.