Si è spento Nelson Mandela: il mondo ricorda Madiba, simbolo di riconciliazione nella
terra dell'apartheid
Tutto il mondo ricorda Nelson Mandela, lo storico leader sudafricano della lotta all’apartheid,
la politica di segregazione razziale perseguita da Pretoria nei confronti dei neri
fino al 1993. L’ex presidente, in carcere per 27 anni, si è spento ieri sera all’età
di 95 anni nella sua abitazione dopo una lunga malattia. Numerosi i riconoscimenti
internazionali a Madiba, come veniva affettuosamente soprannominato, uno dei personaggi
di punta del dopoguerra. Il servizio di Giancarlo La Vella:
"...in
the name of peace, democracy and freedom for all..." Pace, democrazia e libertà
per tutti. In uno dei suoi celebri discorsi Mandela stila quello che è stato il leit-motiv
della sua vita. Lotta per valori, pagata con oltre cinque lustri di segregazione,
che però non gli hanno impedito, una volta libero alla guida del nuovo Sudafrica,
di lavorare non per la vendetta, ma per un Paese dove chiunque godesse degli stessi
diritti. Celebri le frasi pronunciate durante la sua vita. Eccone alcune: “Le difficoltà
piegano alcuni uomini, ma ne rafforzano altri”. “I veri leader devono essere in grado
di sacrificare tutto per il bene della loro gente”. “Esseri liberi non significa semplicemente
rompere le catene ma vivere in modo tale da rispettare e accentuare la libertà altrui”.
Oltre a Obama e Ban Ki-moon un riconoscimento importante da Frederik De Klerk, ultimo
presidente sudafricano dell'epoca dell'apartheid, con Mandela premio Nobel per la
pace. “Grazie a Mandela la riconciliazione in Sudafrica è stata possibile”: ha detto
in un’intervista. E poi l’attuale presidente Zuma, che ha indetto il lutto nazionale
e annunciato i funerali di Stato. “Il mondo gli sarà sempre grato”. Si ricordano poi
gli incontri cordiali con Giovanni Paolo II. Nel 1995 in Sudafrica per la visita del
Papa, ricambiata dal leader in Vaticano nel 1998. Un’amicizia sugellata dalla presenza
di Mandela ai funerali di Karol Wojtyla nell’aprile 2005. “Ora è libero per sempre”.
Questo il commento di Cassius Clay - Mohamed Ali', il grande pugile americano che
ha combattuto la discriminazione.
Ed ora, per ricordare le tappe dell'impegno
di Mandela, sentiamo la scheda di Giulio Albanese:
Non è stato
solo un celebre Premio Nobel per la Pace, un ex presidente autorevole, il padre della
patria che tutti sognavano in Sudafrica, ma soprattutto l’eroe nella lotta contro
l’apartheid. Si era ritirato ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999, ma non ha
mai interrotto la sua azione umanitaria in favore soprattutto di coloro che soffrono
nelle periferie del mondo. Un impegno per la pace e la comprensione umana oltre i
confini del Sudafrica. Reso fragile dall’età e dai 27 anni trascorsi nelle galere
del regime segregazionista bianco, già nel 1994 all’epoca delle prime elezioni libere
in Sudafrica, Mandela era dell’idea che non fosse opportuno fare il presidente a vita
all’età di 76 anni. Fin dall’inizio, mise in chiaro che avrebbe portato a termine
un solo mandato. Madiba come lo chiamavano tutti in Sudafrica con grande affetto,
è certamente stato il leader africano che ha contribuito maggiormente a segnare l’epoca
del riscatto dopo l’onta coloniale e le pessime performance di molti regimi. Aperto
al dialogo, ha il merito di aver scongiurato una guerra civile che avrebbe sconvolto
il Sudafrica con conseguenze, forse, irreparabili.
Per una riflessione
sull’importanza della figura di Nelson Mandela, Fausta Speranza ha intervistato
lo storico Matteo Luigi Napolitano, docente all’Università del Molise:
R. - La vittoria
di Mandela è stata anche la vittoria dei bianchi, cioè una vittoria condivisa: Mandela
non voleva una dittatura dei neri, voleva una condivisione fraterna di un territorio
dalle immense ricchezze naturali. Questo è il suo messaggio; il messaggio consegnato
alle giovani generazioni, ma non solo del Sudafrica.
D. - Dunque Mandela ha
fatto del Sudafrica esempio per tutto il mondo. Ma, il Sudafrica oggi come si presenta?
Non è davvero tutto risolto …
R. - No, assolutamente. Si pensi alle differenti
opportunità, alle condizioni economiche o di ascesa sociale delle popolazioni rispettivamente
nera e bianca; e c’è un nuovo flusso di immigrazione - quella di tipo asiatico - che
crea ulteriori difficoltà. Il secondo problema sono le libertà civili, come ad esempio
la libertà di stampa, il sistema giudiziario … Ciò detto, però il Sudafrica mantiene
un grande, un grandissimo primato nel mondo se pensiamo che i sudafricani sono riusciti
a fare quello probabilmente non era nemmeno pensabile in altri Paesi di lunga tradizione
multirazziale, come ad esempio gli Stati Uniti: il simbolo di Mandela non è stato
un simbolo, ma un mezzo per abbattere un muro di divisione. Questo, evidentemente
non elimina i problemi che tuttavia ci sono ancora, ma ovviamente aiuta a comprenderli
meglio e soprattutto fa da substrato ad una società che, tutto sommato, anche se multirazziale
ha questo comune denominatore. Appunto noi non dobbiamo dimenticare che la vittoria
di Mandela è stata anche la vittoria dei bianchi, cioè una vittoria condivisa.
D.
- Bandiere a mezz’asta negli Stati Uniti e omaggio da tutto il mondo: ma è stata davvero
ereditata, assimilata la lezione di Mandela secondo lei?
R. - Questo sarebbe
stato auspicabile, ma come dicevo non del tutto. In termini di principi, gli Stati
democratici naturalmente rifiutano la discriminazione. All’applicazione pratica, le
opportunità sociali negli Stati multirazziali restano diverse: si pensi all’ascesa
sociale, al miglioramento della condizione personale, alla tipologia di lavori a cui
si può accedere, allo stesso sistema giudiziario … Vediamo che anche nei Paesi ricchi,
ci sono problematiche di integrazione, partendo dalla stessa configurazione dei quartieri
delle grandi metropoli multirazziali. Si vede certamente una sorta di separazione
de facto dal punto di vista della vita quotidiana, sociale, che ovviamente
ci indica che l’integrazione non è stata del tutto completata e che il cammino è ancora
lungo. Questo chiama ovviamente all’impegno di tutti, tutti i Paesi e soprattutto
i governanti.