Plenaria dei laici. L'America Latina tra fede antica e nuove contraddizioni
Proseguono a Roma i lavori della 26.ma Assemblea generale del Pontificio Consiglio
per i Laici, dedicata al tema “Annunciare Cristo nell’era digitale”. Nella seconda
giornata di lavori, i delegati provenienti da tutto il mondo si sono interrogati sulle
strategia per utilizzare al meglio le nuove tecnologie, nel contesto della nuova evangelizzazione.
A Enrique Elias, coordinatore del Movimento Vita Cristiana, Stefano Leszczynski
ha chiesto quali siano oggi le sfide per i laici nel contesto latino-americano.
R. – Diciamo
che l’impegno dei laici in America Latina è stato cruciale, essenziale per la Chiesa
da decenni. In tanti Paesi del continente, la presenza dei sacerdoti è bassa. Quindi,
noi laici abbiamo dovuto superare la trincea, metterci in prima fila, per affrontare
le sfide dell’evangelizzazione in America Latina, sia nell’ambito della catechesi
che dell’appoggio liturgico, che sono a volte incredibili. Alcune parrocchie, infatti,
non hanno nemmeno il sacerdote. In America Latina, siamo stati missionari noi laici,
in molti sensi. E d’altronde, secondo la nostra specifica responsabilità, abbiamo
dovuto avere una forte presenza in ambito sociale, nell’ambito della presenza cattolica
identitaria, nell’educazione e persino nell’ambito politico, in un periodo molto critico
di secolarizzazione. Siamo molto preoccupati, perché molti dicono sempre che l’America
Latina sia il continente cattolico, il continente della speranza, e in un certo senso
lo è, ma non bisogna perdere di vista che anche l’America Latina, con queste contraddizioni
notevoli, questo sviluppo economico molto aggressivo, è un continente che ha bisogno
di nuova evangelizzazione.
D. – Una nuova evangelizzazione, basata quindi
sull’uomo al centro, sui rapporti umani. Come si concilia tutto questo con una globalizzazione,
come diceva lei, che non ha più l’uomo al centro e che deve usare per forza lo strumento
più globalizzato che esista oggi, che è quello di Internet, della rete...
R.
– L’ambito dei media è stato poco cattolico, spesso perfino "anticattolico", a causa
delle persone che l’hanno gestito. Siamo stati noi a essere assenti, più che presenti.
Penso, allora, che l’invito di Papa Francesco a una presenza molto, molto vitale,
forte dei cattolici sia un invito che noi dobbiamo accogliere e a cui dobbiamo andare
incontro subito. Non dobbiamo più avere paura.