Convegno a 40 anni dalla morte di Jacques Maritain: l’amore per la verità nella libertà
“Jacques Maritain e il Concilio Vaticano II” è il titolo del Convegno ospitato dalla
Pontificia Università salesiana a Roma, dedicato al filosofo francese. L’iniziativa
è stata organizzata dalla Facoltà di Filosofia dell’Ateneo e dall’Istituto internazionale
Jaques Maritain. Roberta Gisotti ha intervistato il prof.Piero Viotto
dell’Università cattolica di Milano:
D. – Prof. Viotto:
a 40 anni dalla scomparsa di Jacques Maritain, quali aspetti prendono oggi maggiormente
luce rispetto agli insegnamenti del Concilio Vaticano II?
R. – Direi che la
linea rossa che porta avanti l’influenza di Maritain sul Concilio Vaticano II e dopo,
è la “Dignitatis Humanae”, cioè il problema della libertà religiosa. Maritain ha lavorato
una vita ed ha sofferto per questa idea di garantire la verità nel rispetto della
libertà. Quindi, il momento centrale della riflessione, sia sulla “Dignitatis Humanae”
sia sulla “Gaudium et Spes”, è questa relazione tra la verità e la libertà, per cui
occorre garantire la verità nella libertà e la libertà nella verità, evitando da una
parte un fondamentalismo che imponga la verità, ma dall’altra parte anche un relativismo
che porti l’uomo ad essere scettico di fronte alla verità. Maritain è un maestro,
su questa linea: raccordare la verità e la libertà.
D. – Jacques Maritain ha
rappresentato anche un modello di cattolico impegnato, presente, consapevole dei tempi
in cui viveva e dell’importanza della testimonianza …
R. – Sì, Maritain è stato
un laico impegnato cristianamente nella cultura e nella politica, per affermare la
presenza del cristiano in questa situazione sociale in cui egli è venuto a trovarsi.
E’ un atteggiamento fondamentale, che ha portato a definire molto precisamente il
ruolo del laicato nella Chiesa e, nello stesso tempo, l’autonomia del laico rispetto
alle cose di questo mondo. Maritain parla con insistenza – e da questo punto di vista
è molto vicino a La Pira – della missione temporale del cristiano. D’altra parte anche
Paolo VI, in una famosa omelia del 1962, parla dei due fini della vita umana: questo
mondo e l’altro mondo. E’ chiaro che sono collegati tra di loro, ma non sono opposti
e non vanno confusi. Quindi la lezione maritainiana è consistita nell’affermare la
verità nella libertà.
D. – Una lezione che tanto più oggi va riletta, rimeditata,
rilanciata …
R. – Certamente, anche perché oggi ci sono dei momenti di pensiero
debole; l’uomo è in difficoltà di fronte alla ricerca della verità. Dopo Kant si è
negato all’uomo la capacità di riconoscere la verità, e quindi la filosofia che ne
è venuta – l’ermeneutica, la fenomologia, la filosofia analitica – dicono che noi
siamo soltanto sulla soglia della verità e mettono l’essere – e quindi Dio – tra parentesi.
E’ una situazione molto ambigua contro cui Maritain ha combattuto, soprattutto nel
famosissimo volume “Il contadino della Garonna”, in cui ha affermato con necessità
che soltanto tornando al realismo di San Tommaso si può ritrovare la via per trovare
la verità. Tra l’altro Paolo VI, nel 1974 nella sua Lettera, che è quasi un’enciclica,
“Lumen Ecclesiae”, dice appunto che Tommaso è la via privilegiata, non esclusiva ma
privilegiata, per raggiungere la verità. Perché se noi neghiamo all’intelligenza la
capacità di conoscere la verità, l’esperienza cristiana non ha le sue radici.