A rischio l'aiuto alimentare ai circa 5 milioni di persone in povertà assoluta in
Italia
Sono la Grecia e l’Italia i Paesi della zona euro dove il rischio povertà ed esclusione
sociale è più alto. Secondo i dati Eurostat in Italia il 29,9% della popolazione rischia
di diventare povero, ossia 18 milioni di persone. In questa drammatica situazione,
quattro milioni e ottocentomila persone, in povertà assoluta, rischiano di non poter
più beneficiare degli aiuti alimentari distribuiti da oltre 15 mila strutture caritative
dislocate in tutta Italia. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Mancano pochi
giorni alla fine dell’ann, e le istituzioni italiane dovranno scegliere se continuare
a sostenere chi in Italia non ha la prima delle necessità: il cibo. Il prossimo 31
dicembre, si conclude il "Programma di aiuti alimentari dell’Ue in favore degli indigenti".
Al governo italiano si chiede un incremento, necessario, del "Fondo nazionale per
gli aiuti alimentari agli indigenti". Per questo oggi, al Centro Astalli, il servizio
dei Gesuiti per i rifugiati in Italia, si è recato in visita il presidente del Senato,
Pietro Grasso:
“L’impegno è anche cercare di veicolare, attraverso
le istituzioni che rappresento, quindi il parlamento, un emendamento che possa – nella
Legge di stabilità – aumentare il budget che l’anno scorso era
di 100 milioni di euro e quest’anno è di 5 milioni di euro: come se, di colpo, la
povertà fosse sparita, in Italia. Invece, sappiamo che è aumentata notevolmente. Noi
abbiamo bisogno di risorse. Io farò di tutto per lanciare un appello ai miei colleghi
alla Camera, e noi speriamo di dare questa buona notizia, prima di Natale, a coloro
che vivono in questa situazione di povertà. L’idea è di togliere un po’ di fondi alla
social card per poterli dare a queste istituzioni che veramente
fanno onore all’Italia”.
La denuncia delle Associazioni che si sono riunite
nell’iniziativa “Insieme per l’Aiuto alimentare” – oltre al Centro Astalli, Croce
Rossa Italiana, Banco Alimentare, Comunità di Sant’Egidio e altre – è che si corre
il serio rischio che non saranno più disponibili derrate alimentari in favore dei
bisognosi e che oltre 15 mila strutture caritative, oggi attive, non saranno in grado
di affrontare l’emergenza. Padre Giovanni La Manna, direttore del centro Astalli:
“E’
impensabile che chi è chiamato con responsabilità a decidere, continui a passare sulle
persone in difficoltà. Stiamo parlando di bisogno primari, stiamo parlando del pasto
quotidiano, della sopravvivenza di donne, bambini, di interi nuclei familiari. L’appello
dev’essere pressante, forte, su chi ha il potere e la responsabilità di decidere tenendo
conto della realtà, soprattutto degli ultimi. E’ impensabile assistere indifferenti
al fatto che il numero delle persone in difficoltà cresce e dall’altra parte si tagliano
risorse per mantenerle in vita. Perché quando parliamo di pasto quotidiano, parliamo
di rimanere in vita”.
Si chiede pertanto, con urgenza, che le risorse del
nuovo Fondo europeo di aiuto agli indigenti, operativo dal 2014 al 2020, “siano destinate
in massima parte all’acquisto di derrate alimentari da distribuire sul territorio
nazionale attraverso gli Enti caritativi e le strutture caritative già impegnate”
in questa direzione. Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare:
“Spero
che nella discussione della Legge di stabilità ci si renda conto che è necessari per
le persone povere, indigenti, ma per tutti i cittadini che venga finanziato il Fondo
di aiuti alimentari, con la cifra adeguata che noi riteniamo debbano essere almeno
40 milioni. Altrimenti, i rischi sociali e di sicurezza per il nostro Paese diventeranno
veramente incalcolabili. Tutte le organizzazioni sono unite e hanno chiaro l’obiettivo.
Adesso, chiediamo che anche le istituzioni si uniscano a noi e facciano il loro dovere,
per potere – appunto – deliberare nella legge di stabilità, questo finanziamento.
Scopo ultimo è aiutare oltre quattro milioni di persone che oggi hanno realmente difficoltà
a nutrirsi tutti i giorni in modo che possa permettere loro di vivere e anche di affrontare
le difficoltà che sono il lavoro, l’occupazione: senza mangiare non si può neanche
lavorare, senza mangiare ci si ammala di più. Quindi, diventa un costo sociale molto
più grande”.
Non sostenere il Fondo significherebbe mettere fine a tutte
le attività benefiche, che finora in Italia hanno permesso di creare e mantenere attiva
una importante rete di aiuti in favore di tutte le persone in grave bisogno, il cui
numero sta divenendo sempre più imponente.